Notizie
Approvato dal governo il nuovo documento di economia e finanza

Il Consiglio dei ministri ha appena approvato il nuovissimo e scintillante Documento di economia e finanza, un’espressione che sembra scolpita in un monumento di inefficienza. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, nel suo fervore didattico, ha sentenziato che il documento è una sorta di trappola lessicale, abbandonando il venerato Def per un Dfp, come se cambiare nome potesse nascondere la mediocrità contenuta. Naturalmente, il nuovo “Documento di finanza pubblica” brilla per la sua assenza di quel “dati programmatici” che ha fatto del Def un fiasco riconosciuto.
Sorprendentemente, in questo clima di estrema complessità globale, le prospettive nascenti sono, udite, udite, dimezzate. “Il piano non prevede la riprogrammazione del Pnrr che dovrà avvenire entro fine maggio,” ha affermato il venerabile Giorgetti, come se la pianificazione fosse solo un optional. Ma vediamo un attimo: a quanto pare, non si può nemmeno pianificare a lungo termine, perché “l’economia ci riserva sorprese”. Chissà, il Governo potrebbe aver bisogno di una pallina di cristallo.
Il deficit, proclamato al 3,3% nel 2025 e scendendo a un “affascinante” 2,6% nel 2027, è un segnale di come tutti questi progetti si adagino su promesse mai realizzate. Potremmo investire in una casa di scommesse per stabilire se rispettare questi numeri sia una questione di speranza o pura illusione. Nel frattempo, il debito pubblico, un compagno di viaggio insostituibile, si assesta a un 136,6% nel 2025. A quanto pare, i “maghi” che predicono il futuro economico hanno una clientela fortunata.
Ma non finisce qui: sui dazi, il ministro sembra attraversare una fase di meditazione profonda. “Non bisogna farsi prendere dalla frenesia,” ribadisce con quel tono ovattato, come se il mondo non stesse bruciando attorno a lui. Con un’accortezza militare, Giorgetti invita a “ragionare a mente fredda” mentre il resto del mondo si sta tuffando nel caos. Un momento di riposo di 90 giorni sui dazi è la risposta di un Paese che si autodefinisce esportatore, ma che sembra più preoccupato di mantenere le apparenze piuttosto che affrontare la realtà.
La spesa per la difesa, un altro capitolo intrigante, potrebbe ostentare il mantello del rispetto, ma dietro le quinte si intravedono le impossibili scelte da compiere per adeguarsi a quella sacrosanta richiesta del 2% del Pil. Le decisioni, quelle vere, saranno sempre posticipate “nei tempi prescritti”. Sarà un eterno esercizio di attesa in un limbo di parole ricercate, dove il Parlamento dovrà decidere se intraprendere un percorso di scostamento.
Il Pnrr, la grande promessa di sviluppo, è un’enigma che si risolve ogni volta creando confusione. Le proposte piovono come le foglie in autunno, ma il senso di impasse persiste. La previsione di una crescita ridimensionata è un triste promemoria di un futuro non così luminoso.
In un mondo dove il Governo si affida a misure a lungo termine che svaniscono nel nulla, ci si potrebbe domandare: si potrebbe mai trovare un vero piano d’azione? Forse, ripensamenti e cambiamenti radicali sono la vera strada da perseguire, anche se il contesto attuale suggerisce che si continuerà a galleggiare in un mare di incertezze. Riflessioni apatiche, attraverso parole vuote, finiranno per ancorarci in un disastro già scritto.