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Gota di Assogestioni propone alleanze innovative tra pubblico e privato per il rilancio dell’Italia

Gota di Assogestioni propone alleanze innovative tra pubblico e privato per il rilancio dell’Italia

Oggi inaugura la 15esima edizione del Salone del Risparmio, e sulla scena si erge la figura di Maria Luisa Gota, la prima donna a presiedere Assogestioni. Una novità sorprendente in un’organizzazione con oltre 40 anni di storia. Ma, sorpresa delle sorprese, la sua elezione arriva in un momento di profonda crisi economica, con la promessa di un risparmio gestito che, si dice, potrebbe svolgere un ruolo cruciale. La retorica è già avvolgente, e naturalmente tutto sembra progettato per incantare.

Con un programma vago che promette di essere elaborato in un mese, Gota si impegna a valutare ogni “cantiere aperto”, come se i problemi si risolvessero semplicemente con un po’ di riflessione profonda. Quali saranno le prime mosse? Più che un piano d’azione concreto, sembrano più una serie di bellezze retoriche in attesa di realizzazione. La Saving Investment Union dell’UE, grandiosa e ambiziosa, è appena alle porte, ma chissà se porterà effettivamente le “nuove opportunità” auspicate.

E mentre Gota si lancia nell’approfondimento di 22 linee strategiche che dovrebbero trasformarsi in un “piano operativo concreto”, ci si domanda quanto tempo ci vorrà davvero prima che si intraveda qualche cambiamento tangibile. Gli italiani, già abituati a essere “parte della ricchezza” da canalizzare verso investimenti produttivi, si chiedono quando questa ricchezza cesserà di essere solo una promessa vaga.

Di fronte all’Assemblea dell’associazione, si celebra la modifica del Statuto, ma alla fine, quello che è cambiato è soltanto un nome. Sì, il Comitato esecutivo è il nuovo volto del vecchio Comitato di presidenza. Un’operazione di facciata, che ricalca il più grande balletto della terminologia burocratica: un cambio che non segna un cambio. Assogestioni non vuole essere “solo spettatore” della situazione, ma chissà se agirà come catalizzatore di effettive trasformazioni.

In un’Europa che ha palesemente bisogno di riforme, i progetti sembrano più un annuncio di intenti che una strategia realistica. E i cittadini dell’UE possono solo sperare che i loro contributi non finiscano nel solito ingranaggio di inefficienza. Le parole non mancano, ma le azioni? Sì, come al solito, rimangono in attesa, magari per un altro triennio.

Costruire il futuro? Un sogno meraviglioso. Siamo davvero pronti a scommettere su promesse e piani che non vediamo cambiar vita alla nostra economia? Se solo ci fosse un modo per tradurre tutto questo in fatto concreto, ma forse è chiedere troppo.

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