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Google e le sue sentenze: l’ultima follia che potrebbe ribaltare il web!

Il colosso delle tecnologie Google ha finalmente ricevuto il suo meritato riconoscimento: un giudice federale di Alexandria, nel meraviglioso stato della Virginia, ha stabilito che le sue manovre nel mondo della pubblicità online non sono esattamente “leggi del mercato”. Chi l’avrebbe mai detto? Citando testualmente il giudice, Google ha “deliberatamente intrapreso una serie di azioni anticoncorrenziali per acquisire e mantenere un potere monopolistico”. Già, perché chi non ama un buon monopolio nel bel mezzo di un’economia di libero mercato?
Il caso in questione dipinge Google come un broker di fiducia nel vendere pubblicità online a giornali e altre entità. La storia del tutto affascinante è cominciata all’inizio del 2023, quando il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha deciso che era il momento giusto per dire basta alle “aste truccate” di Google, che danneggiano editori web, inserzionisti e, oh sorpresa, i consumatori. Davvero un gran bel colpo.
Secondo un rapporto di eMarketer citato da Washington Post, Google ha un controllo stratosferico sul mercato della pubblicità digitale, con una quota del 25,6% su un mercato totale da 303 miliardi di dollari. Segue Meta, che si accontenta del 21,3%, e Amazon, che naviga con il 13,9%. Non c’è che dire, i numeri parlano chiaro: il gioco è truccato e Google ha le carte in mano. E ora? Sarà interessante vedere come questa sentenza costringerà Google a cambiare le proprie tattiche per farsi un po’ di posto nel “mercato equo e aperto”. O forse no, perché c’è pur sempre la possibilità di un ricorso, che allungherebbe ulteriormente questo affascinante spettacolo legale e rinvierebbe le sciagurate conseguenze.
A questo punto, la reazione di Google non si è fatta attendere. Lee-Anne Mulholland, vice president delle Regulatory Affairs, ha dichiarato: “Abbiamo vinto metà di questa causa e faremo appello per l’altra metà”. Insomma, una posizione di grande forza. E chi siamo noi per argomentare contro il genio di Google? Con grande sicurezza, Mulholland continua: “Il Tribunale ha stabilito che i nostri strumenti pubblicitari e le nostre acquisizioni, come DoubleClick, non danneggiano la concorrenza”. Sì certo, perché chi non ama la scelta tra moneta sonante e moneta sonante?
Inoltre, ci tiene a rassicurarci: “I publisher hanno molte opzioni e scelgono Google perché i nostri strumenti di tecnologia pubblicitaria sono semplici, convenienti ed efficaci”. Già, come no! Deve essere per questo che si trovano tutti in coda per il “favore” di Google. Davvero un bel modo di vendere un monopolio travestito da opportunità.