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L’11 novembre a Roma, la fiera del Brand Journalism torna per il suo ennesimo atto di superbia.

L’11 novembre a Roma, la fiera del Brand Journalism torna per il suo ennesimo atto di superbia.

Come si fa a riconoscere un contenuto credibile al giorno d’oggi? E chi, di grazia, si prende la briga di costruire narrazioni che siano veramente trasparenti e accessibili? Le competenze necessarie per orientarsi nel trench di fuoco dove giornalismo, brand, creator e istituzioni si lanciano messaggi in tempo reale sono mistiche, quasi come il sacro Graal. Il Brand Journalism Festival 2025, che si svolgerà l’11 novembre a Roma presso la sede del Talent Garden, promette di rispondere a queste domande giusto per darci l’illusione che il mondo della comunicazione abbia ancora un senso. Qui, giornalisti, comunicatori, accademici e rappresentanti istituzionali si confronteranno sul magnifico ruolo pubblico dei contenuti, la loro influenza sociale e le inevitabili trasformazioni nel modo di informare e raccontarsi – come se il racconto non fosse già un’arte in declino.

Organizzato dalla startup Social Reporters, un’agenzia che si vanta di essere specializzata in Brand Journalism e Live Communication, sotto la guida di Ilario Vallifuoco, il festival torna dopo una prima edizione che ha visto oltre 600 partecipanti – o, forse, simpatizzanti in cerca di caffè gratuito. Quest’anno, l’obbiettivo è ampliare il panorama tematico e rendere il tutto ancor più interdisciplinare, perché, si sa, la trasparenza è l’argomento più di moda nel mondo della comunicazione. Un luogo di dialogo, o almeno è così che lo dipingono, tra settori che sembrano distanti come il giornalismo e il mondo aziendale. Un vero e proprio laboratorio culturale che, tramite panel e testimonianze, si offre di promuovere una nuova cultura dell’informazione, sia pubblica che aziendale, sempre alimentata da un’ottica etica e sostenibile. Certo, come se i due mondi non avessero mai avuto la tentazione di unirsi in un tango rumoreggiante e non percepito.

Tra i temi caldi del BJF 2025, la relazione tra informazione e opinione pubblica avrà il suo momento di gloria: il panel “Penso dunque voto” sarà arricchito da una ricerca esclusiva di Ipsos, che porterà i partecipanti a riflettere su come le parole – quelle sante parole – e le narrazioni influenzino la costruzione dell’opinione e della realtà. Sì, perché il Brand Journalism Festival nasce da un’urgente necessità culturale e civile, quella di porre al centro della comunicazione la ‘responsabilità’ verso chi legge, guarda e ascolta, come se tutto questo fosse un’insolita novità nel panorama comunicativo attuale.

“In un’epoca in cui tutti producono contenuti, il vero valore aggiunto è saper costruire senso, generare fiducia e alimentare una narrazione collettiva più consapevole”, commenta Ilario Vallifuoco, mentre chi ascolta già sogna un modo per sopportare la follia di tante parole. Tra gli ospiti illustri, troveremo nomi che sicuramente non ci diranno nulla di nuovo: Giovanna Iannantuoni, Vittorio Emanuele Parsi, Andrea Scavo, Peter Gomez… la lista continua, ma chi non li conosce già ha buon gioco a perdere la pazienza. Davvero un’accoppiata vincente di esperti della comunicazione e della ‘responsabilità’, messa a disposizione di un pubblico affamato di raccomandazioni e relazioni.

Per non farsi mancare nulla, l’evento è patrocinato da una lista di entità che fa venire in mente una mappa dei poteri forti: Parlamento Europeo, Comune di Roma, e addirittura la Commissione Europea. Quest’anno, Unipol si ripresenta come main partner, facendo finta di essere interessata al giornalismo d’impresa. E per compagnia, altri sponsor illustri come Iliad, Edison, Nestlé e chi più ne ha, più ne metta. Certo, se il vero obiettivo fosse realmente quello di contribuire a una comunicazione più etica… beh, potrebbe rimanere un sogno nel cassetto.

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