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Borse europee arrancano ma almeno il dollaro si fa una tregua, a Milano Ferrari parte come un razzo (finalmente qualcosa di vero)

Borse europee arrancano ma almeno il dollaro si fa una tregua, a Milano Ferrari parte come un razzo (finalmente qualcosa di vero)

Le borse europee aprono con un timido sorriso, nel tentativo disperato di ignorare che il Medio Oriente resta un teatro di guerra, seppur con una tregua annunciata che sa più di tregua armata. Nel mentre, Wall Street brinda come se non ci fosse un domani: l’S&P 500 si avvicina di nuovo ai record, mentre il Nasdaq festeggia il suo miglior momento da quattro mesi.

Gli investitori sembrano ubriacarsi di ottimismo dopo l’annuncio di una tregua, a metà strada tra realtà e desiderio. Peccato che subito dopo siano ripresi gli scontri — un dettaglio che ha fatto andare su tutte le furie il presidente americano Donald Trump, come se la diplomazia e la pace fossero il suo sport preferito.

Nel frattempo, in un angolo remoto di questa soap opera economica, il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, ci ricorda che tagliare i tassi di interesse è roba da fare con calma, e non certo un gioco da bambini. Contrariamente alle aspettative degli operatori di mercato, che sognano almeno due riduzioni da 25 punti base entro l’anno (forse la prima già a luglio o settembre), Powell invita alla prudenza, tenendo conto della guerra commerciale mondiale – perché niente dice “stabilità” come una battaglia economica globale.

Nel frattempo, il petrolio, dopo un tuffo vertiginoso, decide di riprendersi un po’: il Brent del Mare del Nord si attesta a 68,15 dollari al barile, in crescita dell’1,5%, seguito a ruota dal WTI che si mette in mostra a 65,34 dollari, con lo stesso progresso. Un piccolo miracolo in un mare agitatissimo.

Spostandoci a Milano, piazza affari riaccende i riflettori su Mps e Mediobanca, protagonisti di un finale di seduta in ascesa. La BCE ha finalmente dato l’ok all’OPS di Rocca Salimbeni, ma attenzione: mentre alcuni storici soci di Piazzetta Cuccia hanno deciso di mettere mano al portafoglio vendendo azioni (non si sa se per disperazione o per lungimiranza), Fin.Fer ha ridotto la propria quota e Vittoria Assicurazioni ha fatto le valigie lasciando la quota dello 0,27% nelle mani di qualcun altro. Nel frattempo, tra accordi di consultazione e giochi di potere che farebbero impallidire una telenovela, si intravede la possibilità di una timida ripresa per le azioni del comparto oil, martoriate dalla frenata del giorno prima.

Fuori dalla scena principale, tiene banco Illimity, che riceve un rilancio da parte di Banca Ifis: se le adesioni supereranno il 90%, l’offerta per conquistare la società potrebbe svoltare un capitolo ancora tutto da scrivere, con un mercato che osserva curioso come spettatore di un reality finanziario.

Nel Pacifico, Tokyo fa la voce grossa chiudendo a +0,39%, una performance che è più un sussurro nella confusione generale. L’indice australiano si limita a muoversi sul filo della parità, mentre Taiwan decide di allungare un timido +1%. Hong Kong sorride con un incremento dello 0,6%, mentre la Cina continentale, sempre lacerata da dubbi e tirate d’orecchie, perde lo 0,1% in un gesto di sana indifferenza.

I futures statunitensi si prendono una pausa in attesa di un nuovo colpo di scena, mantenendosi pressoché invariati. L’indice globale MSCI si tiene saldo al massimo storico raggiunto durante la notte, come se fosse il protagonista perfetto di una festa senza fine.

Come se non bastasse, il Brent compie una piccola rimonta, aggiungendo 81 centesimi e salendo a 67,95 dollari al barile, in un rimbalzo quasi penoso dopo il crollo da 14,58 dollari registrato nelle due sessioni precedenti. Il West Texas Intermediate americano, invece, guadagna 70 centesimi, portandosi a 65,07 dollari al barile, dimostrando che la volatilità resta la regina incontrastata dei mercati petroliferi.

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