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Arriva il miracolo del concordato preventivo 2025: tutte le stranezze da non perdere

Il concordato preventivo biennale sta finalmente prendendo forma con la pubblicazione della nuovissima guida dell’Agenzia delle Entrate. Un documento che promette di essere il compendio definitivo per districarsi nella giungla delle regole per il biennio 2025-2026, ma che, a giudicare dalle prime analisi, sembra più una lista di condizioni da incubo.
Il 24 giugno è arrivata infatti la circolare n. 9/E, che fornisce le dettagliate istruzioni per aderire a questo “patto con il Fisco”. Certo, uno strumento pensato per facilitare la vita alle partite IVA ma che – sorpresa – si arricchisce di una lunga serie di limiti e clausole restrittive. E non crediate di aver tutto il tempo del mondo: la scelta va presa entro settembre, giusto il tempo di cercare di capire come non farsi imbrigliare ulteriormente.
La guida dell’Agenzia delle Entrate è essenzialmente un collage di norme, prassi e novità recenti, concepito per creare un faro, o forse una polpetta avvelenata, per i titolari di partita IVA che intendono accedere al concordato per il biennio 2025-2026. Tra le regole spiccano i cambiamenti introdotti dal decreto legislativo correttivo n. 81/2025, che ha modificato sia i requisiti d’accesso che la forma stessa delle proposte da presentare, perché ovviamente, il Fisco deve far capire chi comanda.
Tra le “perle” della circolare c’è la messa al bando definitiva dei forfettari. Dopo un’ardita fase sperimentale che riguardava soltanto il 2024, chi ha scelto questo regime deve prendere atto che il concordato biennale è off-limits. L’adesione quindi sarà riservata esclusivamente a chi nel 2024 ha esercitato prevalentemente attività nei settori dell’agricoltura, manifattura, servizi, professioni e commercio per cui esistono gli Isa approvati e che non hanno già sfruttato il concordato nel primo biennio.
Come se non bastasse, il gioco delle esclusioni colpisce forte anche chi ha debiti con il Fisco. Se il conto supera i 5.000 euro, addio concordato finché non sarà saldato tutto o almeno la parte oltre questa cifra. Una vera mannaia che fa sognare una tregua, ma solo dietro pagamento integrale della colossale tassa alla gerarchia fiscale.
Limiti stringenti per l’Agenzia delle Entrate e il proprio potere di revisione
Per rendere la faccenda ancora più gustosa, la circolare del Fisco introduce soglie massime per quanto l’Agenzia può ritoccare al rialzo il reddito dei contribuenti. Naturalmente, questa soglia dipende da quanto il fisco ritiene “affidabile” il contribuente, misurato tragicamente passando per l’Indice Sintetico di Affidabilità (ISA). Ecco la tabella delle concessioni:
● Se l’ISA è pari a 10, l’incremento consentito è solo del 10%.
● Se l’ISA è tra 9 e 10, si scala al 15%.
● Tra 8 e 9, giusto per essere generosi, la soglia arriva al 25%.
Ah, la flat tax: quel miraggio fiscale che sembrava una rivoluzione e invece si sta trasformando in un tiro alla fune burocratico degno di un romanzo kafkiano. Se pensavate di poter godere di quella tassa piatta del 10, 12 o 15 per cento sul reddito incrementale, affrettatevi a ricredervi. Per il biennio 2025-2026, il vantaggio della tassa sostitutiva sulle imposte sul reddito, addizionali comprese, verrà impietosamente “assottigliato”.
Ma attenzione: se il salto di reddito rispetto all’anno precedente supera la soglia magica di 85.000 euro, addio flat tax e bentornati alle “care” vecchie regole ordinarie di tassazione. E cosa significa nella pratica? Un allegro 43% di IRPEF e il 24% di IRES. Non dimentichiamoci poi delle addizionali regionali e comunali, quei simpatici sovrapprezzi che si infilano come spine nel bouquet già raffinato dei tributi.
Adesione a due vie: un campo minato di scadenze e modalità
Dal punto di vista pratico – che qui sembra una vera odissea – l’Agenzia delle Entrate illumina il cammino con una nuova scadenza per aderire al cosiddetto “concordato”. I titolari di partita IVA potranno schierarsi entro il 30 settembre 2025, scegliendo tra due armoniose modalità.
Primo metodo: accettare il concordato preventivo biennale (CPB) con la dichiarazione dei redditi e i modelli ISA, tutto entro il fatidico 30 settembre 2025. Oppure, in alternativa, aderire in modo autonomo, inviando solo il modello CPB insieme al frontespizio della dichiarazione Redditi 2025, utilizzando lo stesso canale telematico dedicato. Semplice come bere un bicchier d’acqua, no?
Chi non aderisce? Viene spiato (scusa, “controllato”) da tutte le parti
Come ogni sistema affascinante di incentivi alla conformità, la bella favola del “bastone e della carota” qui si tinge inevitabilmente di minacce e restrizioni. La circolare del Fisco è chiara: se scegliete di non firmare la proposta elaborata dall’Agenzia, sarete nel mirino di controlli intensificati e rigorosi.
L’alleanza tra Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza appare davvero implacabile, pronta a versare una buona dose di “maggiore capacità operativa” per stanare gli sventurati non allineati. Non basta l’innocente dichiarazione dei redditi: il Fisco userà e abuserà dei dati raccolti in banche dati multiformi e interconnesse, arricchendo il tutto con informazioni prese da archivi e registri pubblici, creando così un vero e proprio puzzle della vostra vita finanziaria.
E per chi sperava che i conti correnti fossero una zona franca, meglio ricredersi: l’occhio vigile del Fisco controllerà con attenzione anche l’Archivio dei rapporti finanziari. Insomma, niente scampo; la privacy lascia qui il posto a un’operazione di monitoraggio capillare che farebbe impallidire persino il Grande Fratello di Orwell.