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Del Monte si autoaffonda: il capolavoro del fallimento su misura

Del Monte si autoaffonda: il capolavoro del fallimento su misura
Del Monte affonda negli Stati Uniti: il gigante delle conserve sottomesso ai gusti salutisti e alla crisi dei consumi

Tempi duri per Del Monte, il celebre colosso californiano delle conserve di frutta e verdura, travolto dalla tempesta perfetta del mercato americano. L’azienda ha appena annunciato la procedura di fallimento secondo il Chapter 11, quel simpatico meccanismo che permette di restare in attività mentre si cercano scorciatoie per la sopravvivenza.

Non è più quel lucente idillio degli anni Ottanta, ricordate? Quando in Italia un contadino vestito tutto di bianco passeggiava tra le piantagioni pronunciando un rassicurante «sì» alla presunta eccellenza dei prodotti Del Monte. Oggi, a 139 anni dalla sua nascita, l’azienda paga il prezzo salato di consumatori sempre più attenti a ciò che mettono nel piatto, alla ricerca di scelte più salutari e, ovviamente, meno costose.

Questa richiesta di fallimento non è il pianto del cigno, ma parte di una strategia pianificata per vendere i gioielli dell’azienda. Per non farsi trovare impreparati, Del Monte ha incassato un finanziamento da ben 912 milioni di dollari per mantenere le luci accese durante la procedura, continuando a operare mentre si cerca un riposizionamento sul mercato.

Greg Longstreet, l’amministratore delegato, ha snocciolato la linea ufficiale:

“Dopo un’attenta valutazione di tutte le opzioni disponibili, abbiamo stabilito che una procedura di vendita con supervisione del tribunale è il modo più efficace per accelerare la nostra ripresa e creare una Del Monte Foods più forte e duratura.”

Oltre al marchio principale, Del Monte Foods – con sede a Walnut Creek, in California – schiera nel proprio arsenale nomi come Contadina per i pomodori, College Inn e Kitchen Basics tra i brodi, più il marchio di bubble tea Joyba. Proprio quest’ultimo segmento, insieme ai brodi, ha visto un’impercettibile ma comunque presente crescita delle vendite nell’anno fiscale 2024. Peccato che non basti a bilanciare il tracollo degli storici prodotti in scatola, ormai relegati a gusti vintage da evitare.

La sintesi più amara viene da Sarah Foss, che nel suo ruolo globale legale e di ristrutturazione non può esimersi dal fotografare la realtà:

“Le preferenze dei consumatori si sono spostate dagli alimenti in scatola ricchi di conservanti a favore di alternative più sane.”

Come se non bastasse, l’inflazione alimentare ha spinto gli acquirenti a rivolgere lo sguardo verso marchi più economici e discreti, spesso senza logo, quelli che ormai incontriamo nelle corsie discount. E per mettere la ciliegina sulla torta, il dazio del 50% sull’acciaio importato, introdotto dall’ex-presidente Donald Trump a giugno, promette di gonfiare ulteriormente i costi delle lattine. Insomma, costerà sempre di più tenere in vita la confezione, seppur fosse una scatola di ricordi vintage.

In conclusione, la favola del contadino dal fazzoletto bianco è diventata a tutti gli effetti una vicenda aziendale segnata da un’inevitabile fuga dei clienti verso scelte alimentari più responsabili ed economiche. E Del Monte? Sta cercando di non affogare nei propri succhi… imbottigliati, ovviamente.

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