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Dazi Usa, l’Ue prova a trattare con Trump ma teme la classica presa in giro

L’Unione Europea è alle prese con una danza diplomatico-commerciale per evitare che i dazi Usa la travolgano come una valanga senza fine. La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen si è presentata in plenaria a Strasburgo con un messaggio di fermezza tinta di spirito di compromesso, quasi una sitcom commerciale in tre atti che nessuno ha chiesto ma che tutti devono seguire.
Secondo von der Leyen, a partire da febbraio gli Stati Uniti hanno applicato dazi su ben il 70% del commercio totale con l’Unione Europea, una mossa che in teoria avrebbe dovuto scatenare un terremoto, ma in pratica ha fatto solo aumentare la pressione nelle stanze dei bottoni. Le sue parole? Semplici e nette: “Saremo fermi, ma preferiamo una soluzione negoziata.” Tradotto: “Facciamo i duri, ma non vogliamo davvero una guerra commerciale.”
Con una calma olimpica, ha raccontato dell’incontro con Donald Trump avvenuto all’inizio della settimana, definendolo uno “scambio proficuo” – si immagini la faccia del presidente Usa sentendo questa definizione! L’obiettivo? Un quadro chiaro su cui poggiare relazioni future, magari evitando che tutto si trasformi in una partita a scacchi senza regole. “Difendiamo i nostri interessi, restiamo fedeli ai nostri principi, ma ci prepariamo a ogni scenario. E state certi, vi terremo aggiornati”, ha concluso, come fossimo in una puntata di una serie tv carica di suspense.
Ovviamente, mentre l’Europa imbastisce negoziati, il protagonista Usa non perde tempo per rimettere al centro lo show targato “dazi”. Donald Trump ha annunciato che entro un paio di giorni spedirà una lettera all’Unione Europea con la lista ufficiale dei dazi che scatteranno dal primo agosto. Traduzione: se non avete ricevuto la lettera, preparatevi, arriverà presto. E a quanto pare, secondo lui, una lettera equivale a un accordo: niente di più rassicurante.
Come ciliegina sulla torta, il presidente Usa si è detto ancora in contatto con i negoziatori europei, esprimendo però una profonda insoddisfazione verso le supposte politiche “ostili” dell’Europa verso le aziende tecnologiche americane. Non è un mistero che intende scegliere “dazi equi e bassi” – a meno che non siate uno di quei Paesi particolarmente amati, ai quali potrebbe invece arrivare una bella lettera con tariffe alte fino al 60-70%. Davvero un trattamento di riguardo da parte di Trump.
Venerdì scorso non si è fatto attendere, spedendo analoghe missive anche a paesi come Giappone e Corea del Sud, anticipando le tariffe sui loro prodotti diretti negli Stati Uniti. Insomma, la diplomazia delle lettere daziarie sta diventando una nuova forma d’arte politica.
Per non farsi mancare nulla, il presidente ha pure lanciato l’idea di ulteriori dazi del 50% sulle importazioni di rame e addirittura “molto più alte” su alcuni farmaci, ma con una scadenza più generosa: ci sarà infatti un anno, anno e mezzo di tempo affinché le aziende farmaceutiche spostino la produzione negli Usa. Superfluo dire che ciò suona come una minaccia velata accompagnata da una clessidra dall’aria minacciosa: “Daremo loro tempo, ma poi arriveranno tariffe al 200%.”
Quindi, in sostanza, mentre dall’Europa arriva un pressante invito a discutere e negoziare (leggi: cerchiamo di non fare la figura dei mulini a vento), dall’altra parte dell’Atlantico si continua a giocare duro e a mescolare minacce con un po’ di paternalismo economico di basso profilo. Il futuro commerciale tra l’Unione e gli Stati Uniti sembra quindi destinato a passare per una controversia in stile reality show, con poco margine per lieto fine.