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Cemento: l’eroe improbabile che tiene in piedi l’Italia mentre noi facciamo finta di nulla

Stefano Gallini, amministratore delegato di Heidelberg Materials Italia Cementi Spa, non perde certo tempo con mezze misure. Siamo nel cuore di un incontro dal titolo promettente ma inquietante: “La classe dirigente del futuro. Governare la normalità, costruire l’eccellenza”, brandito da una patinata coalizione tra Orizzonte Italia, Kratesis e Swg, a Roma. Qui, Gallini si lancia in una celebrazione mitologica del cemento e del calcestruzzo, descrivendoli come pilastri fondamentali per la crescita, e soprattutto per quella dell’Italia, perché – sottolinea con enfasi – “stiamo vedendo diversi progetti che si stanno sviluppando su tutto il territorio nazionale”. Una scena che potrebbe ricordare il classico film in cui il protagonista, ignaro o consapevole, recita lo stesso copione di sempre.
Peccato, però, che dopo tanto ottimismo serva anche un pizzico di realismo. La vera partita, avverte Gallini, è quella della sostenibilità—una parola ormai inflazionata—ma soprattutto della fatidica decarbonizzazione. Parola magica che nei corridoi delle grandi aziende e istituzioni sembra più uno slogan da bancarella che un obiettivo reale. Per farla, secondo l’ad, occorre un “dialogo profondo” con le autorità, una supplica velata per non parlare di vera e propria dipendenza che sembra sottointendere “supporto” in tutte le sue forme: approvazioni veloci, fondi garantiti, un percorso spianato fino alla consegna a casa del progetto perfetto.
Il punto cruciale che Gallini stronca con elegante diplomazia è proprio la difficoltà di alcune aziende della filiera ad accedere a risorse economiche sufficienti. Insomma, non tutti hanno portafogli grossi o polmoni finanziari capaci di attendere tempi biblici che queste “grandi realizzazioni” richiedono. E qui si apre il paradosso nazionale: mentre da un lato si sbandiera la “normalità” da governare, dall’altro si chiede un’eccezione, un trattamento speciale, un’attenzione particolare per quei progetti che – dal canto loro – avrebbero il sacro potere di trasformare l’Italia.
Naturalmente, nulla viene detto sul perché intere infrastrutture languiscano da anni, o su come i meccanismi della burocrazia riescano a spianare la strada tanto alla stagnazione quanto agli sprechi. Si delinea qui un copione tanto vecchio quanto efficace: il settore del cemento come deus ex machina della crescita, ma solo a condizione che gli strumenti politici e finanziari si pieghino a questa visione senza possibilità di critica. Insomma, il cemento non solo cementifica l’italica terra, ma cementifica anche la politica locale, incastrata in un eterno gioco di mani e fondi.
Tra promesse di innovazione e richiami alla normalità, resta da chiedersi: in quanti sono disposti a investire davvero in un futuro più sostenibile, economico e trasparente, senza ritrovarsi incatenati a politiche e fondi a senso unico? Di certo, le parole vanno e vengono, mentre sul campo il cemento continua a colare… e con esso, le schermaglie di chi deve costruire tra gli intrecci dell’italiano gioco delle parti.