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Stellantis si prende la riduzione dei dazi ma la Borsa non vuole saperne del bilancio semi-disastroso

Il già magro impatto dei dazi di Stellantis viene tagliato a metà: addio ai 2,7 miliardi, ora si parla di ‘solo’ 1,5.
Stellantis ha deciso di aggiornare le stime sull’impatto dei dazi commerciali americani previsti per il 2025, rivedendo al ribasso il pesante fardello previsto. Se finora si procedeva con il timore di un salasso da 2,7 miliardi di euro, si passa a una stima più indulgente, appena 1,5 miliardi. Di questi, 300 milioni sono già stati segnati a bilancio solo nel primo semestre dell’anno. Evidentemente, l’ipotesi di tariffe Usa bloccate al 25% che aveva spaventato tutti, sta iniziando a mostrare qualche crepa.
Nonostante tutto, Stellantis mantiene un “dialogo costante e serrato” con i legislatori di Bruxelles e Washington, mentre contemporaneamente si prepara a ogni possibile scenario futuro. Insomma, tra qualche riunione istituzionale e qualche cambio strategico, la compagnia sembra scegliere la prudenza – sempre ottima nel mondo dell’auto, soprattutto quando si tratta di muoversi tra dazi e contraddizioni geopolitiche.
Perché, diciamolo, non c’è niente di più piacevole di un bilancio che ti regala una perdita netta di 2,3 miliardi nei primi sei mesi dell’anno, addolcita solo da 3,3 miliardi di oneri netti esclusi dal calcolo dell’utile operativo rettificato. Peccato che l’utile operativo rettificato sia calato di botto rispetto allo stesso periodo del 2024 che, ricordiamolo, vantava addirittura un utile di 5,6 miliardi. Uno scivolone mica da poco, insomma.
I ricavi netti? Sono a quota 74,3 miliardi di euro, con un calo netto del 13% rispetto allo scorso anno. Dopo la lunga passeggiata trionfale, ecco il brusco risveglio: Nord America ed Europa allargata si fanno sentire, mentre l’unico neo di luce è un’irrilevante crescita in Sud America che, poverina, prova a tirar su la media. Ma niente panico, la musica è un po’ stonata, ma almeno non è cacofonica.
Che dire dei flussi di cassa industriali netti? Sono negativi per 3 miliardi – un numero che fa comunque gridare al miracolo se confrontato con il primo semestre 2024, dove il disastro oscillava tra i -5 e i -10 miliardi. Quindi sì, c’è stato un miglioramento sequenziale. Cioè, non è che stiamo volando, semplicemente “non cadremo così in basso”, almeno in questa fase. La facile ironia vuole leggere questo dato come una rappresentazione plastica delle sfide: l’utile operativo rettificato non genera abbastanza cassa per coprire le spese folli in investimenti e ricerca che un colosso globalizzato si accolla con animo eroico.
Sarà anche vero che la liquidità disponibile al 30 giugno 2025 è di 47,2 miliardi, ben oltre l’obiettivo stabilito rispetto ai ricavi. Ma quanti novelli ottimisti vogliono scommettere che questa non sia solo una pila di ossa su cui arrampicarsi mentre il vento cambia direzione?
Nel frattempo, lo stock totale delle consegne – quel famigerato parametro con cui tutte le case si misurano – è salito a 1,2 milioni di unità, con un misero incremento dell’1% rispetto alla fine del 2024. Più rassicuranti i nuovi modelli lanciati, che avrebbero fatto crescere le consegne consolidate del 5%. Insomma, una lieve scossa sismica in un terreno sempre più insicuro.
La Borsa, quella che non perdona mai, ha accolto la notizia con il suo solito aplomb: il titolo di Stellantis ha aperto in rosso a Piazza Affari, con un -4% iniziale, per poi chiudere con un dignitoso (ma pur sempre preoccupante) -2,20% a un’ora dall’apertura. L’anno nero del titolo è già segnato da un rosso pesantissimo: quasi il -36% dall’inizio del 2025. Se non è una buona ragione per riflettere sul futuro del settore, cos’altro lo è?