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Borse europee respirano grazie a Usa e Cina che procrastinano la guerra dei dazi, intanto l’inflazione americana fa il conto alla rovescia

Un applauso alla proroga del congelamento dei dazi tra Stati Uniti e Cina. Come per magia, i mercati azionari tirano un sospiro di sollievo, dimenticando per un attimo che le superpotenze globali si divertono a giocare a rischio guerra commerciale come fosse uno sport estremo. Il presidente Donald Trump non si fa problemi a chiarire che l’aumento delle imposte doganali è sospeso fino al 10 novembre, giusto il tempo di lasciar lavorare i diplomatici nell’illusione di un accordo definitivo.
Naturalmente, gli investitori più svegli non perdono il filo e continuano a tenere d’occhio ogni dettaglio macroeconomico, tra guerre dall’oriente medio all’Ucraina. E proprio quest’ultima farà da sfondo al previsto vertice tra Trump e il caro amico Vladimir Putin in quel di Alaska, perché nulla dice pace come un summit ghiacciato nella terra del freddo.
Ma ecco la vera star del momento: l’attesissimo dato sull’inflazione americana di luglio, il fattore che farà tremare o sorridere la Fed. Dovrebbe essere cruciale per decidere se procedere all’attesissimo taglio dei tassi a settembre. Il mercato punterebbe su una riduzione di 25 punti base con probabilità dell’86%, più o meno come sperare che piova solo nella stanza accanto.
In Asia la festa continua con alcune borse in rialzo, tra cui la borsa di Tokyo, che si è spinta fino a un record storico degno di nota. Evidentemente, a qualcuno fa molto piacere vedere la capitale giapponese volare sui mercati finanziari, chissà se anche la situazione politica interna ha qualcosa a che fare con questo entusiasmo.
In Europa la musica non cambia molto: gli indici sono positivi, magari più per buonumore collettivo che per solidissimi fondamentali. Nel frattempo, l’euro si aggira sui 1,16 dollari, mentre lo yen fa la sua comparsa a 172,17, un piccolo balletto valutario che tiene tutti sulle spine.
Nel settore dell’energia, il petrolio non perde colpi: il future di settembre sul Wti sale dello 0,28% a 64,14 dollari al barile, mentre il Brent di ottobre guadagna lo 0,3% a 66,83 dollari. Una performance solida, quasi da applausi, per un mercato che non si fa mancare tensioni e volatilità.
Anche il gas naturale ad Amsterdam decide di farsi notare, salendo dello 0,5% a 33,15 euro al megawattora, mentre l’oro, dopo il suo sprint venerdì scorso, si limita a un timido +0,09% a 3.341 dollari l’oncia. Meglio non mettere dazi su questo metallo prezioso, rassicura Trump, più che altro per evitare ulteriori grattacapi.
Torniamo a Tokyo, sede di incredibili record: l’indice Nikkei si è stabilizzato a 42.450 punti, con un rialzo del 1,5% e oltre 600 punti guadagnati, grazie anche allo yen in debolezza sul dollaro a quota 148,30. La causa? L’ennesimo rinvio della normalizzazione della politica monetaria da parte della Bank of Japan e l’incognita rappresentata dal risultato elettorale di luglio, che ha regalato alla coalizione dell’attuale premier Shigeru Ishiba la perdita della maggioranza al Senato. Un segnale che tranquillizza tutti, ovviamente.
Non stupisce quindi che, mentre l’Asia festeggia, anche i futures europei si mostrino positivi: l’Eurostoxx 50 avanza dello 0,26%, Francoforte dello 0,22%, e il Ftse Mib di Milano dello 0,16%. Per ora, tra un brindisi e l’altro, tutti continuano premurosi a guardare le tensioni geopolitiche e finanziarie, sperando che il temporale di crisi passi in fretta… o almeno che li colpisca qualcun altro.