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Acri spara cifre da capogiro: patrimoni delle fondazioni schizzati a 42,5 miliardi e noi qui a contar le monetine

Il patrimonio delle fondazioni bancarie continua a gonfiarsi, sfidando ogni logica di razionalità economica.

Al 31 dicembre 2024, il patrimonio contabile delle fondazioni di origine bancaria ha raggiunto la ragguardevole cifra di 42.519 milioni di euro, rappresentando ben l’83,6% del passivo di bilancio. Un modesto incremento del 3,2% rispetto all’anno precedente, pari a circa 1.329 milioni di euro, certifica che la crisi internazionale non ha certo rallentato l’imponente accumulo di ricchezza di questi enti.

Per non farsi mancare nulla, l’attivo complessivo si è anzi incrementato ulteriormente, arrivando a superare i 50,8 miliardi di euro, con una crescita del 4,7%. Insomma, un aumento che sembra sfidare la stagnazione economica che tutti gli altri cittadini patiscono.

Parlando di composizione, la struttura patrimoniale non si discosta molto dagli anni precedenti: le attività materiali costituiscono soltanto il 4,4% del totale, mentre il mammut è rappresentato dalle attività finanziarie, che con i crediti e la liquidità sfiorano il 95,6%. Ecco i veri tesori nascosti di questi colossi.

Non stupisce che le attività finanziarie siano anch’esse in crescita, accumulando altri 1.771 milioni di euro e toccando quota 46,4 miliardi, una cifra che fa girare la testa se paragonata alla media del settore.

Tutto ciò emerge dall’ultimo Rapporto annuale dell’Associazione di Fondazioni e Casse di Risparmio, un documento che più che un bilancio sembra una certificazione di invulnerabilità economica.

Investimenti e missione: un equilibrio tra virtù e vanità

Dando un’occhiata agli investimenti legati alla missione sociale, risulta che queste fondazioni hanno destinato 4.783 milioni di euro, ossia il 9,8% del totale attivo e l’11,6% del patrimonio. Percentuali che, attenzione, restano stabili rispetto al 2022, come se mantenere le cose immutate fosse sinonimo di progresso.

Sorprendentemente o meno, lo sviluppo locale monopolizza l’80% di queste risorse, come se tutto il resto fosse accessorio o, peggio, trascurabile. Evidentemente, puntare sulle comunità è sempre un modo elegante di autogiustificarsi.

Giovanni Azzone, presidente dell’associazione che riunisce queste fondazioni, ha sentito il dovere di sottolineare l’importanza degli enti come attori fondamentali per il Paese ormai da quasi 35 anni.

Giovanni Azzone ha dichiarato:

“Lo scorso anno le Fondazioni hanno sostenuto oltre 22mila progetti in tutta Italia, dimostrando una fedeltà quasi religiosa al Terzo settore e alle Istituzioni, con l’obiettivo di costruire una società più coesa e nuove opportunità per le comunità.”

E come se ciò non bastasse, l’abilità nel diversificare e gestire il patrimonio permette alle fondazioni di sfruttare le finte “condizioni favorevoli” offerte dai mercati per mantenere a galla l’erogazione corrente e tenere in serbo fondi per il futuro. Non è da tutti avere una pancia così piena in tempi incerti.

Giovanni Azzone prosegue, non senza un velo di retorica:

“Questo approccio ha consentito nel 2024 di superare per la prima volta la soglia del miliardo di euro di erogazioni – il miglior risultato degli ultimi 14 anni – e di aumentare la consistenza dei fondi di stabilizzazione, oggi quasi 2,5 volte l’erogato annuale. Un’operazione che garantisce flussi regolari di finanziamenti, anche di fronte a eventuali turbolenze di mercato.”

Ecco che si apre così la porta a una progettazione a lungo termine e allo sperimentare nuove soluzioni, il vero segreto per mantenere intatta la propria missione senza rinunciare a una dose abbondante di autocompiacimento.

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