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Quando l’algoritmo ti saluta: banche più ricche, lavoratori più leggeri (di un impiego)

Nel fantastico universo delle banche italiane, il 2024 si è chiuso con oltre 64 miliardi di euro in ricavi. Un risultato clamoroso, se non fosse che al brindisi mancano solo gli oltre 100.000 lavoratori che rischiano il posto. Il nuovo sport nazionale si chiama fusione bancaria, con protagonisti come UniCredit, Banco BPM, Mediobanca, MPS, BPER e Popolare di Sondrio. Slogan ufficiale? “Efficienza”. Traduzione? “Arrivederci e grazie”.
Ottimizzazione, quella parola magica che fa sparire le scrivanie
Negli ultimi 5 anni, 20.000 lavoratori hanno già salutato senza troppi applausi. Da 22 gruppi bancari siamo passati a 18, e il conto alla rovescia continua. L’obiettivo? Meno sportelli, più robot e clienti che devono essere abbastanza smart… da non chiedere mai aiuto umano.
Robot non scioperano (e costano meno)
La digitalizzazione, che in altri settori crea occupazione, qui è il miglior alleato dei piani di esodo. Niente pause caffè, niente sindacati, niente contratti. Basta un’app, un chatbot e un click per ridurre la forza lavoro a “variabile di costo”. I prepensionamenti volontari? Spesso più forzati di una password alfanumerica.
I sindacati? Presenti, ma in modalità silenziosa
Mentre le direzioni HR sfoderano slide animate, le clausole sociali vengono trattate come optional vintage. Nessuna fusione obbliga a salvaguardare l’occupazione. Tanto il mantra resta: più utile, meno personale. A perdere? Sempre i soliti: precari, part-time, over 55. E se sei fortunato, un bel trasferimento coatto a 300 km da casa ti aspetta come bonus fedeltà.
Il futuro? In 4K, ma senza contratto
Il piano sembra chiaro: creare un sistema bancario snello, digitale e, soprattutto, privo di esseri umani. Basta consulenti, basta sportellisti, basta gente in carne e ossa. Il cliente? Autonomo. Il lavoratore? Superfluo. La banca del domani? Un server con i dividendi.