Notizie
Ah certo, perché negoziare con gli Usa è come una passeggiata nel parco senza trappole, no?

Prima della pesante batosta dei dazi al 39% decisi dal presidente Donald Trump, e anche dopo, la Svizzera è rimasta saldamente in contatto con le autorità competenti negli Stati Uniti. L’obiettivo, si dice, è ancora cercare una “soluzione negoziale” che rispetti sia le leggi svizzere sia gli obblighi internazionali. Parola di un portavoce del Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca, che prova a calmare le acque senza nascondere il disappunto.
Nonostante “progressi” e un atteggiamento “molto costruttivo” da parte della Svizzera, gli Stati Uniti hanno deciso di imporre dazi supplementari che rappresentano un vero e proprio colpo basso per le importazioni dalla Confederazione. Dazi unilaterali e considerevoli, giusto per ricordare a tutti chi comanda nel gioco del commercio internazionale.
Quel 39%, imposto con la solita eleganza da Trump, non solo si discosta completamente dal “progetto di dichiarazione d’intenti” che spettava agli “intensi colloqui” tra Berna e Washington, ma sembra gettare un’ombra pesante anche sul patto apparentemente concordato e approvato dal Consiglio federale il 4 luglio. Una dichiarazione tragica per chi aveva sperato in un dialogo più civile. Ora il Consiglio federale si prende una pausa per “analizzare” la nuova situazione e deciderà come muoversi. Chissà se abbiamo già sentito questa frase da qualche parte.
Secondo il governo elvetico, la bilancia commerciale tra Svizzera e Stati Uniti sarebbe in perfetto equilibrio: gli Americani vantano un surplus nei servizi, mentre la Svizzera primeggia nell’export di merci. Ma attenzione: questa eccedenza non deriva da “pratiche commerciali sleali”, come si affretta a precisare Berna. Anzi, la Confederazione ha addirittura tolto dazi industriali sin dal primo gennaio 2024, in una sorta di regalo unilaterale che evidentemente non è stato apprezzato oltreoceano.
Altro dettaglio da manuale: la Svizzera non finanzia settori industriali che possano “distorcere il mercato”. D’altra parte, è scontato che occupi la sesta posizione tra gli investitori stranieri negli Stati Uniti, e guadagna addirittura il primo posto per investimenti nel campo della ricerca e sviluppo. Insomma, la solita “buona fiducia” che però sembra improbabile possa scongiurare dazi e tensioni.
Sempre più decisa a mantenere relazioni commerciali “diversificate” con tutti i partner, la Svizzera punta a mercati aperti, condizioni di base stabili e certezza del diritto. Peccato che nel mondo reale, a volte, le grandi potenze preferiscano giocare a scacchi con le tariffe anziché con le parole.