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Al Thani fa il gioco, Trump incassa la gloria: la commedia degli errori diplomatica che non smette mai di stupire

L’inossidabile Emiro del Qatar, Tamim bin Hamad Al Thani, continua a dimostrarsi il vero asso della diplomazia di fantasia e del bluff internazionale. Piuttosto che un consesso serio, quello che vediamo appare come una partita di Risiko su scala globale, dove la fragile posizione del suo piccolo Stato, schiacciato tra Iran, USA e Israele, viene abilmente trasformata in un enorme trampolino per uscire da protagonista, o quantomeno far credere di esserlo a tutta la compagnia dei ben informati.

Tra uno scambio di ostaggi e l’altro nella pacifica e calma Gaza, l’Emiro ha recitato il copione della cosiddetta “Guerra dei 12 giorni” con la classe di un attore consumato, evitando forse che il Medio Oriente si trasformasse nel set di un blockbuster apocalittico tutto da evitare. Ovviamente, il tutto con quel tocco di teatro che non guasta mai.

Ma ecco arrivare il missile della pace… fortunatamente intercettato prima che potesse davvero scatenare il caos. Dopo i consueti raid americani sui siti nucleari iraniani, il partito dei falchi a Teheran si è scaldato parecchio, tanto da promettere un colpetto di grazia alla base americana di al Udeid in Qatar, perché un po’ di spettacolo è sempre necessario. Ma, come per magia, Al Thani – evidentemente fornitissimo di spoiler – viene avvisato in anticipo e si premura che i missili vengano gentilmente intercettati. Alla fine, tutti mantengono la faccia: gli iraniani fingono di salvarla, gli americani si fanno i complimenti da soli, e il Qatar se la cava senza diventare un grosso cratere fumante. Missione compiuta.

È il momento di tirare fuori il vero asso dalla manica: il confronto a chi racconta la bugia più convincente. Gli iraniani si improvvisano eroi della resistenza intramontabile, Netanyahu assicura che Teheran è “indebolito” — peccato che nessuno sappia se si tratti di danni reali o di una sapiente applicazione di Photoshop. Nel frattempo Trump non si lascia sfuggire l’occasione di prendersi la scena con il trionfale slogan: “Ho distrutto il programma nucleare iraniano”, malgrado l’indiscutibile assenza di rottami da mostrare come trofeo.

Dietro il sipario, Al Thani continua a gestire magistralmente questo teatro dell’assurdo, assicurandosi che il Qatar resti l’immancabile e insostituibile intermediario per i prossimi round di negoziati, condito ovviamente da un paio di colpi ad effetto per non far addormentare il pubblico.

Alla fine, il risultato è quello che tutti amano quando si parla di Medio Oriente: una mappa sempre più simile a un campo minato diplomatico, con il vantaggio aggiuntivo che per ora si evita l’esplosione. L’Emiro ha davvero salvato la situazione? Forse. La sua immagine invece sì, quella è un successo garantito. E la domanda più importante: ha preso per i fondelli un po’ tutti quanti? Probabilmente sì, e con stile.

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