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Alta velocità, lentezza incredibile: la farsa dei treni fermi e dei ministri in vacanza permanente

Lunedì mattina. Mentre mezza Italia cerca di raggiungere uffici, università o appuntamenti di lavoro, l’Alta velocità Roma-Napoli decide che è troppo stanca per funzionare. Alle 6.40 si bloccano i binari, a quanto pare per l’ennesimo “guasto tecnico”, una definizione tanto vaga quanto inutile. Il risultato? Fino a 160 minuti di ritardo, migliaia di pendolari in ostaggio, e Ferrovie che si limitano a “lavorare per risolvere il problema”. Con comodo, si intende.

La bugia dell’Alta velocità: quando arrivi tardi anche col treno più veloce

Dovrebbe essere il fiore all’occhiello della mobilità italiana. Invece, l’Alta velocità è diventata l’emblema dell’inefficienza. Un treno su cui spendiamo miliardi, con biglietti salati come champagne, ma che si ferma a Roma Prenestina come un Intercity del ‘98. E quando si ferma, lo fa con ritardi a valanga, instradamenti alternativi da età della pietra ferroviaria e treni che terminano la corsa a chilometri dalla destinazione. Se volevi andare a Termini, accontentati di Tiburtina. Se volevi Milano, buona fortuna a Roma.

Rete ferroviaria italiana al lavoro: ma su cosa, esattamente?

I “tecnici al lavoro” ormai sono una figura mitologica. Li immaginiamo in giacca e cravatta a consultare Google Maps per capire dov’è il guasto. Perché dopo decenni di investimenticentri di controllo all’avanguardia, e piani di manutenzione teoricamente infallibili, basta un “guasto alla linea” per gettare il traffico nazionale nel caos più totale. E intanto ci raccontano che va tutto bene, che stanno “ripristinando il pieno funzionamento”. Nel frattempo, il treno AV 9304 diretto a Torino si prende 160 minuti di pausa caffè.

Caos a cascata: benvenuti nel circo della disorganizzazione

Non si tratta solo di un treno. È l’effetto domino a rivelare l’assurdità sistemica: ritardi che si accumulano, convogli che saltano fermate, altri che vengono limitati o deviati come in una caccia al tesoro per masochisti. Ti viene detto che arriverai a Milano, e invece finisci a cambiare tre treni e prendere un taxi. Che ovviamente nessuno ti rimborsa. Non è più un disservizio: è una truffa travestita da imprevisto.

Quando la politica gioca a nascondino sui binari

Nel frattempo, il governo osserva. Il ministro Salvini si intrattiene con discussioni di geopolitica, ignorando una rete ferroviaria che si sbriciola sotto i piedi degli italiani. E le opposizioni? Lanciano le solite dichiarazioni indignate. Casu del Pd parla di “disastri costanti”, Paita di Italia Viva promette una “estate da tregenda”. Ma sono solo parole: nessuno ha un piano concretonessuno paga mai per l’incompetenza, e i treni continuano a deragliare, metaforicamente (per ora).

La manutenzione che non c’è, i cantieri che non partono, i soldi che svaniscono

Siamo al punto in cui ogni guasto sembra sabotaggio. Ma forse il vero sabotaggio è il modo in cui vengono gestiti i fondi pubblici. Perché la manutenzione è carente, la programmazione assente, e gli investimenti si perdono in burocrazie da teatro dell’assurdo. Mentre in altri Paesi i treni volano a 300 km/h in orario millimetrico, qui ci si arrangia con deviazioni via Formia. Proprio come nel 1985. Solo che oggi abbiamo i biglietti da 90 euro e i Frecciarossa in ritardo come gli autobus scolastici.

Storie di ordinaria frustrazione: quando partire è come lanciarsi in un incubo

“Dovevi arrivare a Torino alle 10, sei arrivato alle 13.30, con tre call saltate e una giornata buttata.” Questo racconta Marco, consulente IT, che prende l’AV ogni settimana. “Ogni lunedì è una roulette. Siamo nelle mani del caso.” O peggio: nelle mani di chi non sa fare il proprio lavoro. I treni vanno lenti, le scuse fioccano rapide. Ed è sempre colpa del “guasto”, del “cambio di binario”, del “problema tecnico imprevisto”. Improvvisamente, l’unica cosa puntuale è la presa in giro.

Genialità tutta italiana: spendere miliardi per arrivare in ritardo

La vera beffa è che l’Alta velocità è costata miliardi di euro. Ma se oggi vuoi spostarti tra Roma e Napoli senza rischiare un’odissea ferroviaria, tanto vale prendere un flixbus. Più economico, più affidabile. I francesi ci ridono dietro. I giapponesi nemmeno ci credono. Noi invece ci rassegniamo. Ogni lunedì, ogni ponte, ogni festività: un nuovo disastro, una nuova umiliazione.

Possibili soluzioni (che non arriveranno mai)
  • Licenziare chi sbaglia? Troppo rischioso.
  • Investire in manutenzione reale? Troppo complicato.
  • Avere un piano di emergenza degno di questo nome? Troppo ambizioso. Quindi ci teniamo il nostro sistema ferroviario da barzelletta, fatto di ritardi, scuse e conferenze stampa inutili. Tanto nessuno pagherà, e tutto si ripeterà.
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