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Baghdad si piglia un ospedale italiano: Gksd e Gruppo San Donato mettono la prima pietra, che sorpresa

A Baghdad è stata posata la prima pietra di un ospedale che, a detta di chi lo promuove, dovrebbe essere all’avanguardia e rispettare gli “standard internazionali” più elevati. Ovviamente, non poteva mancare la gestione “integrata” affidata a un team misto di professionisti italiani e iracheni, come se la combinazione europea fosse un toccasana magico per la regione. La struttura nascerà proprio nel cuore pulsante della capitale, sostituendo l’ex ristorante turco in Piazza Tahrir, un simbolo di trasformazione che fa subito pensare a una superba ristrutturazione in salsa sanitaria.
Dietro questo “progetto ambizioso” c’è la volontà del presidente di Gksd Holding Investment Group e vicepresidente del Gruppo San Donato, Kamel Ghribi, il quale ha intrapreso una missione istituzionale nel Medio Oriente che va oltre la semplice inaugurazione. In due anni di chiacchierate tra uffici governativi e investitori, si sarebbe arrivati a un’intesa che coinvolge il Governo iracheno, il ministero della Salute locale e i già ben piazzati ospedali di Najaf e Bassora gestiti proprio dal medesimo Gruppo. Un capolavoro di cooperazione strategica, a detta loro, per la rinascita di un Paese che ha decisamente bisogno di più certezze e meno promesse a effetto spot.
La scena dell’evento è stata degna di una première, con le autorità irachene e internazionali schierate nella foto di famiglia: il primo ministro Mohammed Shia’ Al-Sudani, il ministro della Salute Saleh Al-Hasnawi, la vicepresidente del Senato italiano, senatrice Licia Ronzulli, l’inviato speciale dell’Unione Europea per il Golfo, onorevole Luigi Di Maio, e persino il sindaco di Baghdad, Ammar Moussa Kadhum. Un vero parterre de roi per suggellare un piano che si autocelebra come un rafforzamento definitivo dell’alleanza italo-irachena nella sanità pubblica.
Kamel Ghribi ha avuto il piacere di dichiarare, con tutta la modestia possibile:
“È un grande orgoglio poter mettere a disposizione di un popolo straordinario come quello iracheno le nostre competenze, il nostro know how e la nostra dedizione alla cura dei malati.”
Dopodiché, dopo questo entusiastico capitolo iracheno, Ghribi si è spostato in Siria, altra terra di “opportunità” e “ricostruzione” nonostante un contesto geopolitico tutto fuorché stabile. Nell’incontro con il presidente Ahmad Al-Sharaa e il ministro degli Esteri Asaad Hassan Al-Shibani, si è respirato un clima “cordiale e costruttivo”. Tradotto in termini più pratici: promesse di collaborazione e sostegno medico-strategico per aiutare a rilanciare un sistema sanitario logorato da anni di conflitti.
Il messaggio di Ghribi è stato chiaro, quasi da guru della diplomazia sanitaria:
“Per investire in Siria ci vuole lungimiranza e coraggio. È tempo di guardare avanti, di credere nella forza della ricostruzione. La Siria è un grande Paese, ricco di storia, cultura e popolazione laboriosa e resiliente. È nostro dovere contribuire a questa rinascita con rispetto e spirito di cooperazione.”
Insomma, un bel film di buona volontà e idealismo che rasenta la samaritana missione di risanare territori complessi con “competenze”, “passione” e tanti slogan all’italiana. Se tutto questo si tradurrà in fatti concreti, finora ben poco tangibili, lo scopriremo solo vivendo. Nel frattempo, la politica delle grandi inaugurazioni e delle strette di mano continua a cantare vittoria sulle rovine, con la solita dose di ipocrisia e speranza a buon mercato.