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Barilla scopre l’acqua calda: agricoltura rigenerativa e rinnovabili per salvare il pianeta (mentre noi aspettiamo)

Dal pesto in vasetti di vetro riciclato al basilico con tracciabilità blockchain, passando per l’investimento nelle energie rinnovabili e il restyling nutrizionale di 140 prodotti Mulino Bianco in un decennio: il Gruppo Barilla non solo fa parlare di sé per le sue paste e biscotti, ma anche per il suo variegato repertorio di ecopromesse da raccontare. Il nuovo Rapporto di Sostenibilità alza il sipario su 17 anni di impegno ambientale, sociale e comunitario con un occhio rivolto al 2030, confermando che la sostenibilità è il vero pilastro strategico, non una moda passeggera.

Non fosse abbastanza, Barilla si vanta per il secondo anno consecutivo del titolo di azienda alimentare con la miglior reputazione globale, secondo la classifica del Global RepTrak 100: vai con gli applausi. Ma i fratelli Guido, Luca e Paolo Barilla si dicono pronti per un cammino che – parola loro – sarà “lungo e complesso”, grazie all’inestinguibile passione di chi lavora in azienda. Sarà mica perché i problemi da risolvere sono tanti e le sfide non sono affatto risolte?

Gianluca Di Tondo, CEO del gruppo, ricorda la strategia: trasformare quella che pare una dichiarazione d’intenti in azioni concrete da qui al 2030. In soldoni, la sostenibilità diventa il nocciolo duro della loro strategia di business, qualcosa da far passare non come un’opzione ma come un obbligo quotidiano.

Meno zucchero, meno sale, ma tanta, troppa retorica nutrizionale

Secondo il rapporto 2024, l’88% dei prodotti venduti contiene fino a 5 grammi di zucchero e meno di 0,5 grammi di sale per porzione – miglioramenti ritenuti imperdibili con incrementi risicati rispetto al 2023, rispettivamente +0,7% e +1,5%. Poi, il 90% dei prodotti contiene fibre (più 0,8%) e il 65% degli snack da forno pack singolo non supera le 150 calorie, con un +2,4% rispetto all’anno precedente. In pratica, numeri microscopici da sbandierare come certificati di santità alimentare. Peccato, però, che nel mondo reale la battaglia è molto più complessa e il consumatore probabilmente non si accontenta di percentuali al centesimo decimale.

Filiere sostenibili o paraventi green?

La favola prosegue con un coinvolgimento di ben 7mila agricoltori e un controllo di 815mila tonnellate di materie prime, per quattro filiere ritenute “strategiche”: grano duro, tenero, segale e basilico. Che tradotto significa pacchetti di disciplinari di coltivazione sviluppati ad hoc da Barilla Sustainable Farming, pensati per un’agricoltura che dovrebbe essere più sostenibile, resiliente ed efficiente. Un bel bonus per l’immagine, certo, ma quanto di questo ecosistema è davvero trasparente e verificabile?

E non si ferma qui la missione. Viene promossa addirittura l’agricoltura rigenerativa, che entro il 2030 dovrebbe fornirgli 250mila tonnellate di materie prime certificate. Fantastico, peccato che il termine “rigenerativo” sia diventato ormai la parola magica di ogni relazione corporate: i dettagli effettivi, però, spesso scivolano tra le pieghe di queste grandi promesse future.

Che meraviglia! Barilla ci rassicura che il 100% delle uova che usa proviene da galline allevate a terra, non in gabbia, come se fosse un gesto eroico in mezzo a mille scandali agroalimentari. Ah, e naturalmente, niente test sugli animali: perché gli esperimenti crudeli sono così… fuori moda.

Passiamo al packaging, quel piccolo dettaglio che tutti fingono di ignorare mentre strappano la pellicola dalla pasta. In Italia, il 100% delle confezioni di pasta, sughi, pesti, pani, biscotti e merende sono “disegnate per il riciclo”. Tradotto: istruzioni limpide da leggere, per chiunque possa ancora decifrare un’etichetta. Le celebri ‘blue box’ della pasta? Sono fatte di cartoncino vergine proveniente da foreste “gestite responsabilmente”. No, non è un ossimoro, ma solo un’altra frase rassicurante per farsi la coscienza pulita mentre risparmiamo… 126mila chilogrammi di plastica all’anno eliminando la finestrina trasparente.

Energia e acqua: la magia dell’autoproduzione

Passando a energia e acqua, il nocciolo della questione ecologica: la Barilla usa il 48% di energia elettrica da fonti rinnovabili e ha installato impianti fotovoltaici per un totale di 4 MW negli ultimi cinque anni. Wow! Il piano Energy&Water da 168 milioni di euro promette di arrivare a 24 MW entro il 2030, perché un futuro sostenibile non si improvvisa, si pianifica al dettaglio. Nel 2024 hanno persino inaugurato due impianti a Rubbiano, uno da 1,5 MWp per la produzione di sughi e uno da 0,3 MWp per il ramo bakery, che funzionano talmente bene da coprire un giorno intero di produzione a settimana durante l’estate. Esattamente un giorno su sette: una performance degna di un campione di efficienza… forse.

E se pensavate che l’acqua fosse un problema minore, tenetevi forte: il volume di acqua riciclata è esploso di un +164% negli ultimi due anni, tanto che nello stabilimento di Rubbiano hanno recuperato acqua a sufficienza per riempire… 24 piscine olimpioniche. Sì, perché non c’è nulla che dica “produzione alimentare sostenibile” come usare acqua per nuotare, letteralmente.

Inclusione e parità: la rivoluzione dei congedi

Non mancano le lodi all’inclusione e alla parità di genere, naturalmente. Il cuore di Barilla sono quasi 9mila persone (quindi mica pochi). Dal 2020 vantano la parità retributiva di genere – certo, perché fino ad allora il panorama era un po’ disastroso – e nel 2023 hanno annunciato la cosiddetta rivoluzione dei congedi parentali, garantendo 12 settimane di congedo pagato al 100%. Indipendentemente da genere, stato civile o orientamento sessuale: non vorremmo mica discriminare nella grande famiglia Barilla, no?

In più, dal 2024 hanno stretto una partnership con una rete non profit per sostenere l’avanzamento delle donne nel settore retail e beni di consumo in Europa. Finalmente! Oggi il 35% degli Executive e Manager sono donne, con un ambizioso obiettivo di arrivare al 40% entro il 2030. Un traguardo così lontano da sembrare quasi una promessa da politico alle elezioni.

I numeri della solidarietà e della responsabilità sociale

Per non farci mancare nulla, Barilla nel 2024 ha messo in circolo oltre 2 milioni di euro per le comunità locali, donando più di 3.700 tonnellate di prodotti alimentari. Una goccia nel mare? Forse, ma intanto hanno dedicato più di 1.000 ore di volontariato con 300 dipendenti coinvolti in iniziative per favorire l’accesso al cibo e combattere lo spreco, in collaborazione con qualche organizzazione caritatevole. E dulcis in fundo, hanno anche donato all’UNHCR per aiutare i terremotati in Myanmar: perché la solidarietà internazionale non può mancare nel pacchetto, giusto?

Fatturato e ambizioni per il futuro

Fatturato 2024: 4,883 miliardi di euro, con una crescita modesta dell’1,7% al netto degli effetti cambio. Non male, ma state tranquilli: 300 milioni sono stati destinati allo sviluppo industriale e all’’innovazione’ (una parola magica che vale sempre). Di questi, 50 milioni vanno a progetti su qualità, sicurezza alimentare, nutrizione, benessere e packaging sostenibile. Insomma, la solita ricetta tranquilla per mantenere un’immagine pulita e fare bella figura con gli azionisti.

Guardando al 2030, Barilla si è messa in testa obiettivi che suonano quasi come un elenco di buoni propositi dietro cui nascondere tutte le contraddizioni di un’industria globale: 250.000 tonnellate di materie prime da agricoltura rigenerativa; 24 MW di potenza da energie rinnovabili; un aumento del 250% del riciclo dell’acqua in aree stressate; una riduzione di 4.000 tonnellate di packaging grazie all’eco-design; e infine, la promessa che il 90% dei prodotti venduti conterrà meno di 0,5 grammi di sale per porzione, mentre il 95% sarà fonte di fibre. Elegante, no? Come dire: “Fateci pure il tifo, tanto vi vogliamo bene.”

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