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Benigni dimezza l’audience o Auditel dimezza il cervello? Il solito trucco per non ammettere il tracollo della tv

Benigni dimezza l’audience o Auditel dimezza il cervello? Il solito trucco per non ammettere il tracollo della tv

Il declino della televisione generalista non possa essere più evidente, arriva Auditel con la sua matematica creativa a provare a convincerti che no, non è successo niente. Tutto sotto controllo. Tranquilli. Peccato che i numeri raccontino un’altra storia. Una storia di decadenzaautoinganni, e un sistema che barcolla sotto il peso della sua inutilità.

Il 19 marzo 2025, Roberto Benigni torna in prima serata con Il Sogno, totalizzando il 28% di share. Un bel numero, no? Peccato che corrisponda a soli 4,4 milioni di spettatori. Nel 2014, con I dieci comandamenti, lo stesso Benigni faceva il 33% di share, ma con 9,1 milioni di italiani incollati allo schermo. La metà. E non, non è uno scherzo.

Il miracolo del share che sale mentre gli spettatori spariscono

Siamo nel regno della statistica creativa, dove basta cambiare la fascia oraria o togliere qualche voce dalle tabelle per trasformare un disastro in un successo. Lo share del 2025 è più basso, certo, ma ciò che conta è che la platea televisiva si è letteralmente dimezzata. Altro che tv viva e vegeta: è una zombie che cammina, e Auditel le tiene la mano.

Ma no, ci dicono i tecnici, è solo una questione di orario. Nel 2014 lo show iniziava alle 21:24 e finiva prima delle 23:00, quindi in piena prima serata, quando gli italiani sono ancora abbastanza svegli per seguire un programma. Nel 2025, invece, Benigni parte alle 21:45 e finisce ben oltre mezzanotte, quando metà pubblico è già svenuto sul divano. Tradotto: il cambio di orario diventa il nuovo alibi perfetto per giustificare la fuga di massa dagli schermi.

Quando cambiare le regole salva le apparenze

Non basta giocare con gli orari, ci vuole anche un tocco di manipolazione strutturale. E allora ecco la perla: dal 2022 Auditel ha cancellato la voce “altre digitali terrestri”, eliminando automaticamente 1,5 milioni di spettatori dal totale. Un’operazione chirurgica geniale: spariscono senza fare rumore. Risultato? La torta si restringe, ma lo share resta bello gonfio. Un capolavoro degno di Houdini.

Il paradosso: gli ascolti non calano, ma gli spettatori sì

broadcaster ripetono il mantra: “Gli ascolti non calano”. Certo, se li misuri col righello rotto, tutto è stabile. Peccato che il pubblico reale — quello fatto di persone vive, con occhi e telecomando — sia in fuga costante, divorato da streamingpiattaforme, e una qualità televisiva che definire mediocre è un atto di carità.

Storie di telespettatori persi per strada

C’è Carla, 58 anni, che nel 2014 seguiva Benigni con i figli davanti alla tv. “Era un evento”. Nel 2025, quei figli hanno disdetto il canone e guardano Netflix. “Non so nemmeno più come si accende la RaiPlay”, confessa lei. Il figlio, 26 anni, commenta: “Benigni? Mi pare stia su YouTube, ma ho già tre serie da finire”. La disconnessione generazionale è totale.

La tv difesa da chi l’ha affondata

E la cosa più surreale? I “tecnici” che si affannano a spiegare il tracollo. Gli stessi che da anni gestiscono il sistema. Quelli che non hanno mai capito come dialogare con una generazione che non guarda più nemmeno il telegiornale, figuriamoci Benigni a mezzanotte. È come se l’equipaggio del Titanic difendesse la posizione dell’iceberg.

Possibili soluzioni (ma nessuno ha voglia di svegliarsi)

Forse, e dico forse, bisognerebbe:

  • Misurare gli ascolti con criteri aggiornati, e non con regole pre-YouTube.
  • Ammettere che la tv generalista è in coma e pensare a una trasformazione radicale.
  • Smettere di autoassolversi con numeri truccati.
  • E magari, far partire un programma prima delle 22. Un miracolo alla portata anche della Rai.

Ma tranquilli, non succederà. Perché finché c’è uno share da sbandierare, c’è speranza per l’autoconvincimento istituzionale.

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