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Benvenuti all’inferno: la stazione termini come simbolo di uno Stato assente

L’Italia ha un biglietto da visita che gronda vergogna, degrado e criminalità: si chiama Stazione Termini. Mentre politici e istituzioni si compiacciono delle “riqualificazioni”, la realtà è una sola: topi, droga, violenza e disperazione umana convivono nello stesso spazio dove milioni di cittadini e turisti mettono piede ogni giorno. E nessuno fa niente. O meglio, fanno finta.
La vetrina di Roma? Una discarica umana sotto controllo zero
La Stazione Termini è il simbolo perfetto della decadenza urbana: uno spazio pubblico ridotto a terra di nessuno, dove l’unica cosa a funzionare è l’indifferenza. Le forze dell’ordine ci sono, ma come comparse in un set teatrale: sfilano, ma non incidono. Sotto i portici infestati da senza tetto, drogati e venditori abusivi, si recita ogni giorno la stessa commedia tragica: nessuno vede, nessuno interviene, nessuno risolve.
I commercianti? Carne da macello burocratico e bersagli del degrado
C’è chi ha investito decine di migliaia di euro per aprire un’edicola. Il risultato? Locali devastati ogni sera, urina sotto i portici, bottiglie rotte, minacce, aggressioni e multe. Sì, hai letto bene: le multe vanno agli onesti, per una sedia fuori posto o un po’ di musica. Intanto i delinquenti, quelli veri, fanno il bello e il cattivo tempo.
Telefono in mano? Sei una minaccia
Provate a passare con uno smartphone acceso. In pochi secondi vi troverete a gestire un conflitto verbale, se non peggio. Scene di panico, intimidazioni, urla e persone fuori controllo. È normale? Per chi comanda evidentemente sì, visto che non cambia nulla da anni.
I fantasmi dello Stato: donne epilettiche, celiache, dimenticate da tutti
Un caso su tutti: una donna vive da sei anni in strada, è epilettica, celiaca e senza assistente sociale. Dorme dove capita, mangia quando può. Ha fatto carcere, sì, ma non chiede pietà: chiede solo ciò che spetterebbe di diritto. Le danno zero. Agli “altri”, dice, “danno tutto”. E qui esplode l’assurdo: chi dovrebbe essere aiutato è calpestato, chi arriva con il nulla riceve tutto. Equità? Un’illusione per allocchi.
“Serve il permesso per aprire una vetrina”: benvenuti nella repubblica della paura
Un negozio di articoli militari deve chiamare la polizia per poter allestire una vetrina. Perché? Perché lì davanti bivaccano persone potenzialmente pericolose. Durante il giorno. Alla luce del sole. Roma, capitale d’Italia, anno 2025. La Storia osserva in silenzio, probabilmente inorridita.
Fast food, crack e gioventù perduta: il supermercato del disagio
Il cibo spazzatura ha un effetto collaterale: attira disperazione. Giovani ragazze, nemmeno ventenni, devastate dal crack, vagano come larve tossiche in cerca di soldi. La scena si ripete ogni notte: chi non ha più nulla da perdere cerca da chi prendere tutto. Furti, risse, rapine: la normalità travestita da eccezione.
L’esercito dei dimenticati: chi è uscito dal carcere ha solo il marciapiede
Le storie si somigliano tutte: ex detenuti, psichiatrici, apolidi buttati nella mischia, senza strutture, senza aiuto, senza scampo. Uno dice: “Ho dormito sei anni davanti alla Caritas, in terra, con 40 di febbre. Nessuno è venuto.” Non è pietismo. È accusa. E puzza di fallimento sociale a chilometri di distanza.
“Tolleranza zero”, ma a chi fa comodo?
Il Generale Vannacci invoca la teoria dei “vetri rotti”: tolleranza zero, niente più scuse, nessuna indulgenza. Ma chi dovrebbe attuarla? Le stesse istituzioni che da decenni lasciano marcire quartieri interi? Che spostano i problemi di due traversine più in là, come fosse un gioco da tavolo?
La Stazione Termini è lo specchio di un Paese che non sa più cosa vuol dire Stato
La facciata è lucida. Il cuore marcisce. I problemi sono gli stessi da anni. Le soluzioni? Sempre rimandate. Le forze dell’ordine si fermano dove inizia la “zona grigia”. I cittadini pagano tutto: in sicurezza, in salute mentale, in libertà. La capitale d’Italia ha un centro nevralgico che somiglia a un campo profughi senza regole, e va bene così. Per chi comanda, certo.