Notizie
Campari svende Cinzano a Caffo senza batter ciglio per cinquanta volte meno di un caffè di lusso

Il nuovo amministratore delegato di Davide Campari, Simon Hunt, sembra aver trovato una strategia semplice per riorganizzare il portafoglio: vendere ciò che non considera “strategico”. Così, ha annunciato la cessione del business vermouth e sparkling wine di Cinzano al Gruppo Caffo 1915 per una cifra da capogiro di 100 milioni di euro. Non solo Cinzano, ma anche il business di grappa e sparkling wine di Frattina sono stati messi sul piatto.
Se la razionalizzazione del portafoglio diventa la parola d’ordine, allora ecco servito l’obiettivo: alleggerire il carico dei marchi meno “nobili” per concentrare energie e risorse sulle stelle del gruppo, ovvero gli spirit. Nel lessico aziendale significa semplificare le operazioni e, naturalmente, snellire la leva finanziaria. Nell’era degli slogan in voga, tutto suona come “più focus, meno confusione”.
Simon Hunt non si trattiene: la vendita «è un passo cruciale nella nostra strategia di riduzione e focalizzazione del portafoglio, che ci consentirà di intensificare i nostri sforzi commerciali e di marketing sui marchi principali». Quindi vendere Cinzano è una strategia da ammirare, a quanto pare.
Dal canto suo, Sebastiano Caffo, a capo del gruppo acquirente, indossa l’abito del missionario della crescita globale. Celebra l’acquisto come una mossa epocale per conquistare i mercati esteri, partendo dal robusto successo domestico del suo Vecchio Amaro del Capo, riconosciuto a livello nazionale nella sua categoria. Il marchio Cinzano, storicamente iconico, diventa così il motivatore per espandersi non solo in Italia, ma in oltre cento mercati internazionali. E ovviamente, la lunga esperienza nel settore e la rete di vendita capillare giocheranno un ruolo fondamentale per “rilanciare” i brand sin da subito. Perché si sa, storicità e tradizione sono sinonimi di successo immediato, non di sfide sul mercato.
La transazione, un meccanismo ben oliato, prevede la creazione di una newco a cui saranno trasferiti business, proprietà intellettuale, magazzino prodotti finiti, dipendenti selezionati e parte dei macchinari produttivi in Italia, assieme agli accordi contrattuali e a tutti quegli “altri beni correlati” che non suonano mai banali. Ma attenzione, gli stabilimenti produttivi in Italia e Argentina, dove si fabbricano anche altri marchi di Campari Group, rimangono fuori da questa operazione. Insomma, vendiamo qualche pezzo ma teniamo il cuore industriale, che è sempre meglio.