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Capisco i dubbi dei manager ma sono fiducioso come se fosse un miracolo giapponese

Quando si tratta di dazi, il brillante economicista Carlo Cottarelli ci regala l’ennesima perla di ottimismo realistico, perché sì, è comprensibile che ai manager vengano i sudori freddi, ma tant’è: dobbiamo farcene una ragione. Magari, con un po’ di fortuna, riusciremo a uscirne più o meno come con il Giappone, anche se concediamolo: salire troppo negli scaglioni tariffari sarebbe una mazzata difficile da digerire.
In un’intervista che sa tanto di ‘parliamone con calma’, Cottarelli spiega che le esportazioni italiane verso gli Stati Uniti pesano per l’11% del totale nazionale. Insomma, mercato importante ma non quello cruciale. Quindi, se i dazi dovessero salire, aspettatevi una bella riduzione, diciamo intorno alla metà dei nostri affari laggiù, ma non subito, eh, un po’ nel medio termine.
Tradotto dal burocratese: perderemo una fetta consistente, ma potremmo provare a recuperare quel 5% in qualche altro angolo del mondo. Che bella prospettiva di “espansione”! Come se fosse facile e indolore.
Alla fine, la chiosa è da manuale: siamo un paese che vive di export, dunque quello all’estero è il nostro ossigeno. Se Washington decide di alzare i muri, buon per loro, ma a noi non rimarrà altro che cercare nuovi mercati dove vendere la pizza, il vino e l’ingegno made in Italia. Ma speriamo che il sogno protezionista resti solo un brutto ricordo.