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Concordato 2025-2026: per chi ha toppato arriva il salvagente del ravvedimento speciale, mica pizza e fichi

L’incredibile estensione del concordato preventivo biennale: sanatoria e ravvedimento anche per 2025-2026 a prezzi stracciati.

Prepariamoci a un altro giro di “patto” con il Fisco, perché la sanatoria retroattiva potrebbe tornare alla carica, questa volta pronta a sanare a prezzi scontati tutte le irregolarità fiscali accumulate dal 2019 fino al 2023, ma senza fermarsi qui: il blitz normativo vuole spalancare le porte anche al biennio 2025-2026.

La proposta arriva in salsa politica grazie a un emendamento inserito nel DL Fiscale n. 84/2025, firmato da Marco Osnato, Presidente della Commissione Finanze alla Camera e membro di Fratelli d’Italia. Un’idea che facilita di fatto un’“amicizia” con le tasse, offrendo una chance di regolarizzazione a suon di aliquote ridotte e metodo forfettario.

Se il Ministero dell’Economia e delle Finanze gongola per l’extra gettito da 1,3 miliardi ottenuto grazie al primo biennio di questo concordato preventivo biennale, in parallelo si lavora febbrilmente per portare questo vantaggio fiscale oltre il 2024, estendendolo anche al biennio successivo.

I vantaggi per chi aderisce? Una vera e propria pacificazione fiscale di lusso: si paga un’imposta sostitutiva calcolata su una base imponibile forfettaria, accompagnata da uno scudo anti-accertamento per gli anni interessati. Che altro si può volere dalla vita? Un modo intelligente – si fa per dire – per fare finta che i conti siano perfetti anche negli anni passati, pagando meno tasse del dovuto, ma senza troppo dolore.

Nel gergo tecnico, è la logica del concordato biennale applicata al passato. In pratica, si prende il proprio punteggio ISA, che ormai è diventato protagonista assoluto, e si calcola quanto si sarebbe dovuto versare realmente, ma con la possibilità di “arrotondare” il conto in modo generoso grazie a sconti progressivi. Una vera manna per chi ha dichiarato meno di quanto avrebbe dovuto, ma vuole evitare controlli e sanzioni salate.

Sanatoria e ravvedimento, le regole del gioco secondo Osnato

L’emendamento Osnato riprende la struttura già vista lo scorso anno, con alcune novità più o meno accattivanti. La base imponibile da regolarizzare non è presa così com’è, ma calcolata con una formula che aumenta il reddito dichiarato a seconda del punteggio ISA – quel famigerato indicatore sintetico di affidabilità fiscale diventato ormai una specie di ago della bilancia per i contribuenti.

Ecco il meccanismo per aggiustare il reddito da regolarizzare per gli anni 2019-2023:

● +5% per chi ha un punteggio ISA pari a 10;

● +10% per chi ha un punteggio compreso tra 8 e meno di 10;

● +20% per punteggi tra 6 e meno di 8;

● +30% per punteggi tra 4 e meno di 6;

● +40% per punteggi tra 3 e meno di 4;

● +50% per chi si è distinto con meno di 3 punti.

Una volta stabilita questa base imponibile incrementata, si applicherà un’imposta sostitutiva “flat” che – lo indovinerete – varia ancora in base al punteggio ISA:

● 10% per ISA superiore a 8;

● 12% per ISA pari o superiore a 6 e fino a 8;

● una percentuale più alta per valori inferiori, ma i dettagli sono ancora in discussione.

Un sistema che sembra studiato per premiare gli “affidabili” – cioè quelli con punteggi alti – e punire con aliquote più salate chi, invece, ha offerto un’immagine non proprio limpida, ma sempre con la gentilezza diplomaticamente riservata delle tasse.

Insomma, un invito a scoprire se esiste davvero un castello di carte dietro questa fantomatica “pace fiscale” che, tra bonus, rivisitazioni e scorciatoie, sembra solo un modo intelligente per fare cassa anticipando in modo conveniente i mancati incassi di molti anni.

Alla fine, il vero interrogativo resta: staranno davvero capendo che così si rischia di incoraggiare a dichiarare meno, contando sull’ennesima riedizione del “ravvedimento speciale”? Ma forse, solo forse, è esattamente questo lo scopo.

Ah, la dolce arte di complicare le cose semplici! Così, benvenuti nel mondo magico delle aliquote ridotte: un bel 10% quando l’ISA (Indice Sintetico di Affidabilità) fa i capricci e si piazza tra 6 e 8, e un gustoso 15% per chi si arrampica sotto il fatidico 6. Ovviamente, non aspettatevi mai che l’universo fiscale si mostri troppo generoso: c’è sempre quel piccolo dettaglio in agguato, un “minimo dovuto” di 1.000 euro, così, per mantenere alto il livello di sofferenza contabile.

Ma ecco il tocco di classe: per i nostalgici delle passate traversie pandemiche, un ulteriore sconto del 30% sull’imposta dovuta per gli anni 2020 e 2021. Perché nulla dice “ripresa” come una bella manovra fiscale che ti ricorda quanto hai sudato tra mascherine e lockdown.

Non finisce qui, perché il legislatore, in tutta la sua infinita clemenza, ha pensato anche a chi ha già stretto il fatidico patto col Fisco: per loro, un lasciapassare speciale chiamato “ravvedimento agevolato” per l’anno 2023. Un regalo di Natale anticipato, insomma.

Il fascino irresistibile del ravvedimento speciale

L’idea geniale è di abbinare al concordato preventivo biennale (ormai famigliare come un vecchio zio scomodo) un ravvedimento speciale, che suona come la panacea per tutti i mali fiscali. L’obiettivo? Dare una scossa alle adesioni, perché ovviamente bisogna spronare anche chi non vede l’ora di finire sotto la lente d’ingrandimento del Fisco.

Per il momento, come tutte le mirabolanti novità legislative, l’emendamento è solo una bella proposta e nulla di più. Il verdetto finale arriverà con la conversione in legge del DL Fiscale n. 84/2025. Incrociate le dita, che la suspense è assicurata.

Se mai passasse, chi ci crederà potrà gioire nel godere di una doppia vittoria: una regolarizzazione facilitata e – sorpresa delle sorprese – la tanto agognata pausa degli accertamenti fiscali da parte dell’Agenzia delle Entrate sui redditi d’impresa e lavoro autonomo sanati annualmente. Una specie di “scudo fiscale”, ma con scadenza e clausole da thriller.

Naturalmente, questo scudo ha un tallone d’Achille: niente pagamento, niente protezione. Il versamento – unico o diluito in 24 rate massimo – deve avvenire entro il 31 marzo 2026, altrimenti addio miracolo fiscali, bentornati controlli e accertamenti. E non dimentichiamo la decadenza dal concordato preventivo biennale, quella macchia indelebile che manda tutto in fumo.

Morale della favola: se scivolate, l’Agenzia delle Entrate è lì pronta a riprendere i suoi giochi preferiti, con un anno extra per scavare a fondo, con i termini di decadenza prorogati fino al 31 dicembre 2028. Insomma, una passa e una no, nella danza senza fine tra contribuente e fisco, dove la certezza è solo una parodia.

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