Notizie

Cosa pensa lui: le ultime notizie del giorno

La sospensione parziale dei dazi americani per 90 giorni rappresenta, senza dubbio, un «segnale» di dialogo, ma ciò non toglie che resti una situazione di precarietà. Il presidente francese Emmanuel Macron non usa mezzi termini: «Fragile, perché i dazi del 25% su acciaio, alluminio e automobili e quelli del 10% su tutti gli altri prodotti sono ancora in vigore». Un altro modo di dire che 90 giorni di calcolo e strategie possono rivelarsi una pura illusione in un contesto così carico di incertezze.

52 miliardi di euro per l’Unione Europea non sono briciole: sono gli effetti collaterali di una politica commerciale che, seppur temporaneamente alleggerita, rimane ingessata da un sistema di dazi che affligge le imprese, spingendole nel baratro di una crisi continua. Come si può parlare di «colloqui costruttivi» mentre i posti di lavoro e le esistenze di intere comunità sono messe a rischio?

Ispirato dalla classica retorica del «lavorare insieme», il ministro delle Finanze polacco Andrzej Domański, si unisce al coro, affermando che questi 90 giorni devono essere vissuti «con saggezza». Ci sarebbe da chiedersi: come si può «utilizzare saggiamente» del tempo che è, di per sé, un perfetto simbolo di incertezza? È come pregare un lupo di non mangiare una pecora, mentre l’animale è già ben sazio.

Dombrovskis, commissario europeo all’Economia, non è da meno con la sua affermazione sconcertante: «Siamo pronti a muoverci se non vediamo movimenti da parte degli Usa». Qui si ignora un dettaglio fondamentale: il mondo non si muove in base alle nostre attese. Se l’operato degli Stati Uniti è «volatilità», allora la reazione dell’Europa sembra una danza sulle punte, come se ci fosse una sorta di galanteria nel trattare con scelte commerciali così usuranti.

E non dimentichiamoci delle affermazioni del presidente Trump, che si diverte a trattare l’Unione Europea come un unico blocco, contro ogni logica commerciale. «Ogni Paese è diverso», dice, come se l’applicazione dei dazi fosse un gioco di carte in cui il mazzo è truccato. È il trionfo della contraddizione: una strategia basata sulla diversificazione dei trattamenti in un contesto che vorrebbe essere unito.

Dove ci porterà tutto ciò? Verso una strategia di rappresaglia o verso una pacificazione? Magari assisteremo a riforme «interessanti» che non faranno altro che perpetuare il ciclo vizioso di promesse non mantenute. La «risposta europea» esiste solo se interpretata come un mantra vuoto ad uso e consumo dei politici che, nel frattempo, giocano con le vite di milioni di persone.

La soluzione? Potremmo sperare in un accordo che, per una volta, non sia solo una questione di numeri e percentuali, ma un tentativo reale di comprendere i bisogni delle comunità. Però sappiamo tutti che le vere «riforme» si faranno sempre aspettare, mentre noi, in veste di comparse, assisteremo alla solita farsa in cui i veri vincitori rimangono invisibili e le le promesse rimangono solo bellissime parole.

Exit mobile version