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Crescita annuale del Pil dell’1,5% nel periodo previsto

La Cassa Depositi e Prestiti si vanta di una “performance solida”. Ma chi non vorrebbe sembrare robusto mentre si annuncia una generazione di posti di lavoro che non si traducono in benessere per chi lavora? L’1,5% del PIL annuo italiano e 400 mila posti di lavoro mantenuti sembrano cifre spettacolari, ma la domanda è: a quale costo? La realtà è spesso più complessa e meno rosea di quanto presentato.
Un pianeta di promesse infrante
E il famoso Piano Mattei? Iniziato a funzionare, dicono, con una pioggia di finanziamenti per il Continente Africano. Ma una scossa da 550 milioni di euro è davvero sufficiente per “sostenere la crescita”? E chi sono i veri beneficiari di simili fondi? Se davvero il capitale residuo disponibile è aumentato di 9 volte, ci si aspetterebbe un impatto tangibile, ma di fatto, l’integrità economica è rincorsa a suon di proclami, mentre i veri risultati latitano.
Una crescita che sa di rielaborazione
Il payout al 65% dell’utile sembra una mossa brillante, ma non è altrettanto indicativo del benessere junior? Perché, invece di avvalersi di un utile maggiore, non si considera l’investimento nei lavoratori o nei settori che mostrano segnali di sofferenza? L’approccio pare piuttosto essere quello del “rispetto” nei riguardi dei policy makers; un rispetto che odora di sudditanza e che troppe volte fa sì che il feedback reale e le necessità delle piccole e medie imprese vadano perduti nel mare della burocrazia.
Pronti a tutto, ma per chi?
Dopo aver fatto uno studio sui dazi, la Cassa Depositi e Prestiti fa capolino con una frase rassicurante: “L’Italia ha sempre avuto la capacità di riorientare il proprio export”. E chi potrebbe non essere d’accordo? Eppure, questo significa che in passato abbiamo navigato in acque tempestose senza costrutto realizzato. Quanto tempo ci vorrà ancora per superare la narrativa pettinata della diversificazione del mercato, mentre i settori chiave faticano a mantenere la testa sopra l’acqua?
In tutto questo scenario, c’è una sensazione di insoddisfazione crescente. Alcuni lo chiamerebbero cinismo, io lo definisco realismo. Nella giostra di promesse e finanziamenti, il cambiamento reale continua a essere l’eccezione piuttosto che la regola. Ci si può mai meravigliare se, a fronte di tante dichiarazioni ottimistiche, i cittadini si sentono più nel limbo che nel processo di crescita?
Prospettive future: un enigma velato?
Immaginiamo che i leader nella Cassa Depositi e Prestiti potessero davvero affrontare problemi quotidiani con la stessa leggerezza con cui distribuiscono percentuali e rapporti. Risolvere il problema del lavoro precario? Una riforma che non integra realmente i giovani? Edizione dopo edizione, le soluzioni si fanno sempre più elusive. Magari si potrebbe iniziare a pensare a un piano che non preveda solo il “sostenere” e il “finanziare”, ma che realmente metta al centro l’essere umano. Ma chi ha tempo per queste fantasticherie, quando si possono riempire pagine di bilanci?»