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Dazi e Parmigiano Reggiano, l’allarme esagerato che ci piace soffiare sul fuoco

La tranquilla accettazione dei dazi Usa è servita solo per farci arrivare preparati alla seconda stagione del reality finalmente intitolato “Trump 2”, con protagonisti i produttori italiani di Parmigiano Reggiano, che sembrano ormai vaccinati da ogni sorpresa. Insomma, secondo Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano, la nuova tassa del 15% sulle esportazioni europee negli Stati Uniti non spaventa più di tanto. Perché? Semplice: abbiamo già assaggiato il primo round.
In pratica, se fino ad oggi la libbra di Parmigiano costava 22 dollari, con i dazi salirà a 30. Un bel balzo, se solo si pensa al Parmesan industriale venduto a 10 dollari la libbra, che di italiano ha solo la bandierina sulla confezione. Quel salto di prezzo, ovvero circa tre volte tanto, farà sicuramente perdere qualche cliente al Re dei formaggi DOP negli States, ma niente panico: i produttori si sono già attrezzati per gestire l’inevitabile contraccolpo, come fossero veterani della guerra commerciale.
Come? Con mosse da manuale di marketing e diplomazia da bar sport, ovviamente. Nel 2024 la Parmigiano Reggiano Usa Corporation ha raddoppiato gli investimenti per aumentare la consapevolezza del marchio, perché mentre in Italia il 99% della gente riconosce il valore del prodotto, negli Stati Uniti la storia è un po’ più complicata. Meglio spendere soldi per far capire che il Parmigiano è tutt’altra cosa rispetto a quei surrogati dal nome altisonante.
E non è finita qui: il Consorzio si è pure messo di buzzo buono con lo sport americano sponsorizzando i New York Jets, squadra di football che con i suoi 21 milioni di follower costituisce una potente vetrina da milioni di americani ignari. Come se l’investimento in visibilità su milioni di account social potesse magicamente far sparire la manina pesante dei dazi.
La cura del marchio passa anche dalla vigilanza: perché si scopre che il Parmigiano Reggiano grattugiato di qualità DOP viene spesso esposto fuori dal frigorifero, una pratica che fa storcere il naso a chi tiene al prestigio. Per questo è stata creata una vera e propria Academy per formare chi gestisce la distribuzione, senza dimenticare packaging studiati apposta per la mentalità americana, grazie alle collaborazioni con le università degli States. Un lavoro certosino per far sembrare il Parmigiano molto più “americano” del Parmesan.
Tutte queste strategie puntano a neutralizzare l’effetto dei dazi, visto che gli Stati Uniti assorbono il 23% dell’export totale di Parmigiano Reggiano. Ma, come tiene a sottolineare Bertinelli, esiste un enorme potenziale di crescita: su un mercato di formaggi duri negli USA dove il Parmigiano rappresenta solo l’8%, c’è tanto spazio da conquistare. I dazi saranno solo un piccolo inghippo nel percorso, non il blocco definitivo.
La diplomazia a stelle e strisce e la supponenza europea
Sul fronte dei contrattacchi europei, quelli che prevedono dazi fino al 30% sui prodotti americani dal 7 agosto, Bertinelli suggerisce che il negoziato deve seguire la sacra regola della diplomazia e del dialogo. Facile a dirsi, vero?
Ma la vera chicca arriva quando stigmatizza l’atteggiamento “supino” dell’Unione Europea che, secondo lui, fino a ora non ha portato a nulla. E qui si ride. Di fronte al braccio di ferro commerciale, la UE dovrebbe ricordarsi un dettaglio fondamentale: è un mercato da 350 milioni di consumatori con un potere d’acquisto da far invidia al pianeta. Peccato che sembri più interessata a chinare la testa che a battere i pugni sul tavolo, perdendo così terreno a ogni tornata.
In conclusione, mentre i dazi guadagnano terreno e le trattative faticano a decollare, il Parmigiano Reggiano si prepara a una sfida fatta di grandi numeri, strategie di marketing aggressive e diplomazia diplomatica. Dopotutto, chi ha bisogno di economia sana quando c’è la magia del brand, dello sport e degli Academy a battere cassa?