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Dazi, sottintesi e tensioni tra Ue e Usa: Trump si scaglia contro Xi

Quello che è accaduto ieri tra il commissario europeo al Commercio, Maros Sefcovic, e le controparti americane a Washington è stato ben lontano da un “dialogo tra sordi”. Il portavoce della Commissione, Olof Gill, non ha esitato a definire l’incontro “molto focalizzato e produttivo”. Eppure, per il nostro caro Olof, ci vuole “un livello di impegno aggiuntivo da parte degli Usa” per far avanzare il tutto. Ma chi l’avrebbe mai detto?
Con i Stati Uniti d’America è stata ufficialmente aperta una “finestra di 90 giorni”. Ma attenzione, non siamo nemmeno al secondo giorno… e già ci viene chiesto di avere pazienza per i negoziati. Un bell’esempio di efficienza, non c’è nulla di più rassicurante di sapere che i nostri rappresentanti si prendono tutto il tempo del mondo per affrontare questioni cruciali.
La Commissione Europea ha quindi deciso di mettere in pausa le contromisure ai dazi imposti dagli Usa su acciaio e alluminio provenienti dall’«Europa». Una pausa di tre mesi, come se il mondo del commercio funzionasse come una maratona in cui si può prendersi un caffè lungo il percorso. Questa decisione è stata presa dopo che il presidente Trump ha sospeso i dazi “reciproci” per 90 giorni, a causa dell’aumento vertiginoso dei rendimenti dei buoni del tesoro americani, considerati beni rifugio. Un investimento sicuro per un problema sempre più instabile.
Ma non finisce qui. Trump ha anche esternato il suo disappunto riguardo alla Cina e alla missione di Xi Jinping in Vietnam. Secondo lui, il viaggio di Xi non sarebbe altro che un piano per “fregare” gli Stati Uniti. Ah, la genialità! Ci si potrebbe anche chiedere se “fregare” sia una strategia commerciale da schivare o una marcia trionfale nella geopolitica moderna.
Nel suo intervento nello Studio Ovale, Trump ha – con una onestà disarmante – affermato: “Non do la colpa alla Cina, non do la colpa al Vietnam”. Certo, perché tutto è colpa di chi viene “dopo” in questa gara di accuse. La visita di Xi in Vietnam prevede la firma di ben 40 accordi, ma la saggezza popolare suggerisce che molti di essi saranno simbolici e di scarsa concretezza. Eppure, il New York Times ci ricorda che la Cina sta tentando di costruire alleanze globali mentre presenta Xi come un “statista globale”. Grande ambizione, ma le incertezze restano.
Vietnam e Cina danzano in una strana alleanza: da una parte, i festeggiamenti per 75 anni di relazioni diplomatiche; dall’altra, le costanti tensioni nel Mar Cinese Meridionale. Nel frattempo, Vietnam trae vantaggio dall’aumento delle esportazioni verso gli Stati Uniti, raggiungendo la cifra vertiginosa di 137 miliardi di dollari l’anno scorso. Qui emerge l’ironia: mentre si lotta contro i dazi cinesi, questi stessi aumenti hanno spinto le aziende americane a spostare la produzione in Vietnam.
A questo punto, i negoziatori vietnamiti si dirigono a Washington, promettendo meno dazi in cambio di maggiori acquisti di prodotti americani. E non solo. Si adoperano anche per combattere il passaggio di merci cinesi attraverso Vietnam verso gli Stati Uniti, come un gioco di scacchi in cui la mossa più intelligente sembra essere “fingere di combattere”.
La conseguenza di tutto questo? Credere che la diplomazia e il commercio possano essere semplici, mentre quotidianamente l’inefficienza emerge in tutta la sua miseria. Soluzioni? Potremmo aspettarci una strategia realistica e collettiva, ma visto il contesto attuale, la vera sfida è continuare a far passare il tempo senza vedere nulla di concreto. La speranza è un virus che sembra contagiare solo i sognatori.