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Dietro le quinte: i colossi petroliferi si scambiano segreti come se fosse il caffè del lunedì

Qualcuno ha detto che i rapporti tra ExxonMobil e Rosneft si erano congelati per sempre? Davvero? Sembrerebbe che, tra una stretta di mano e l’altra tra Donald Trump e Vladimir Putin durante il loro incontro in Alaska, nel backstage si stesse pianificando un colpo di scena degno della migliore spy story energetica. Nel frattempo, i due giganti del petrolio – l’americano Exxon e il russo Rosneft – avrebbero avviato incontri segreti per rimpatriare i loro affari nel territorio russo, un ritorno trionfale sulle coste dell’estremo oriente della Russia.
Ovviamente, mentre gli occhi del mondo si fissavano sulle promesse ufficiali dei leader, i veri negoziati avevano luogo a porte rigorosamente chiuse. Secondo insider privilegiati, le grandi compagnie energetiche dei due Paesi avevano già buttato giù una road map per riattivare il progetto Sakhalin, un ambizioso piano di sfruttamento di giacimenti petroliferi e di gas naturale che sembrava ormai un ricordo sbiadito dopo il 2022.
E sì, avete letto bene: il ritorno di ExxonMobil in Russia sarebbe subordinato nientemeno che a un “processo di pace” in Ucraina. Perché si sa, niente dice più “affari” di una condizione geopolitica stabile, o almeno di una tregua ben confezionata. Un alto dirigente della compagnia, il vicepresidente senior Neil Chapman, sarebbe stato il principale artefice di queste trattative riservate, mantenute segrete al punto che solo pochi eletti dentro la famosa multinazionale erano a conoscenza dei dettagli.
Questa manovra non è solo un normale riavvicinamento commerciale, ma un vero e proprio salto nel passato, considerando che Exxon aveva tagliato drasticamente i legami con Mosca dopo l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin nel 2022. Ma proprio da quando Trump ha preso il potere, la diplomazia energetica ha preso una piega “insospettabilmente” strategica, con continui intensificarsi degli incontri tra Exxon e Rosneft.
Chapman, con fare da negoziatore navigato, non si è fatto mancare neanche un faccia a faccia con Igor Sechin, l’imperturbabile CEO di Rosneft e fedelissimo del Cremlino, nella scenografica Doha. Un dettaglio non trascurabile: Sechin è da tempo colpito da sanzioni statunitensi, il che rende la sua trattativa con americani un gioco di equilibri acrobatici, da svolgersi sotto l’occhio vigile del Dipartimento del Tesoro statunitense. Una faccenda così delicata che quasi sembrerebbe una produzione hollywoodiana di bassissimo budget, eppure incredibilmente vera.
Il Qatar, da par suo, gioca la carta del mediatore neutrale, offrendo il suo palcoscenico dorato dove i giocatori di questa partita mondiale incontrano capitali e potere. Non è casuale che il fondo sovrano qatariota possegga una fetta di Rosneft: un dettaglio che aggiunge uno strato di regia strategica a questa trama già di per sé surreale.
Insomma, mentre il mondo guarda la diplomazia ufficiale a colpi di tweet e dichiarazioni di facciata, si consuma dietro le quinte una vera e propria farsa geopolitica, dove gli interessi economici si intrecciano con la politica internazionale, e dove “commercio” e “pace” sembrano due facce della stessa, impassibile medaglia.