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Ecco cosa succede davvero con i dazi Trump al 15% e perché tutti ne parlano come se fosse la fine del mondo

Raggiungeranno davvero i dazi al 15% sulle merci europee negli Stati Uniti? Al momento, l’unico che può saperlo è Donald Trump. A decidere il risultato finale di questa intricata trattativa tra Bruxelles e Washington sarà proprio il presidente americano. Tra mille incertezze, non resta che aspettare.
Perché Trump dovrebbe accettare un compromesso che sancisce chiaramente un vantaggio per gli Stati Uniti? Escludendo questioni di merito — che, a quanto pare, non esistono in questo caso — bisogna considerare la possibilità che decida di andare a fondo, attivando i dazi previsti per il 1° agosto e, tutto sommato, accettando le contromosse dall’Europa, evidentemente pronte a rispondere colpo su colpo.
E l’Europa? Perché mai ha accettato di spingersi fino a concedere così tanto? Una volta capito che l’utopia della reciprocità era fuori portata, ha scelto di limitare i danni. In pratica, ha deciso di evitare un disastro peggiore: un “no deal” totale che avrebbe fatto saltare il banco. Ora bisogna capire cosa si nasconde dietro quel famoso 15% di dazi. Si tratta del livello di tariffe sui prodotti europei venduti negli USA. Nel frattempo, le merci americane che arrivano in Europa pagherebbero dazi praticamente nullo o appena sotto il 5%.
Quanto pesa questa squilibrata asimmetria? Va ben oltre il semplice scarto numerico tra 15% e 0 o 4,8%. A comporre questo disastro c’è anche il cambio, che praticamente raddoppia il vantaggio per gli Stati Uniti. E nessuno, a quanto pare, sembra troppo interessato a correggere questo piccolo dettaglio.
Esistono margini per riprendere la trattativa? Qualche flebile speranza resta, ma riguarda un punto cruciale. Trump, infatti, non si accontenterebbe di quel 15% già abbastanza sgradevole. Aspira a dazi ancora più alti in quei pochi settori che contano davvero: auto, farmaci e semiconduttori. È qui che l’Europa si trova inevitabilmente con le spalle al muro. Alcuni Stati membri chiave, come Germania, Francia e perfino l’Italia, particolarmente esposta nel settore farmaceutico, non vogliono proprio sentir parlare di un’escalation in tali ambiti.
E mentre Trump si diverte a far oscillare la bilancia, cosa fa l’Europa? Bruxelles non sta certo a guardare, a braccia conserte. Prepara la sua controffensiva da 93 miliardi di euro con i cosiddetti “controdazi”, pronti a scattare dal 7 agosto nel caso in cui l’accordo non si trovi. È un prezzo che l’Unione è pronta a pagare e far pagare agli Stati Uniti, se necessario.
Ma chi pagherà il conto finale di questa guerra commerciale? L’unica certezza, in questa guerra a suon di dazi, è che a boccheggiare saranno le imprese di entrambe le sponde dell’Atlantico, così come i consumatori, europei e americani. Insomma, sempre i soliti a pagare il prezzo più salato.