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Ecco perché il caos fiscale è la nuova strategia per tappare il buco nero del deficit pubblico

Per favore, rilassatevi e mettetevi comodi, perché l’Europa sa perfettamente cosa fare: non agitarsi inutilmente e agire tutti insieme come una squadra impeccabile. Secondo Valentino Valentini, viceministro a Imprese e made in Italy, i famosi dazi non servono affatto a riequilibrare gli scambi commerciali, visto che puntano solo sulle merci e ignorano completamente i servizi. Ma non finisce qui: sembrerebbe che abbiano anche il comodo effetto di garantire un gettito extra per compensare i buchi nei conti pubblici.
Tra le scintillanti cifre riportate, ecco il colpo di scena: nel solo mese di maggio si sono incassati ben 25 miliardi da tariffe doganali, che moltiplicati per dieci anni diventano la cifra astronomica di 3mila miliardi. Tutto questo per fronteggiare il deficit generato dal passaggio del tanto lodato Big Beautiful Bill, ovvero la solita megaspesa americana che ci fa fremere d’invidia – o forse solo tremare.
Valentini non si fa sfuggire l’occasione per consigliare la cura magica: l’unico modo per non impantanarsi è fare fronte comune e reagire in coro come un’Europa compatta. Perché, secondo lui, soltanto così si può imporre una politica commerciale degna di questo nome, sfruttando il potere negoziale del mercato unico.
D’altronde, c’è poco da discutere: con i suoi 460 milioni di consumatori, il mercato unico europeo ha un peso ben più consistente di ogni singolo Stato, che da solo riesce a malapena a fare il solletico. E allora, via con l’appello entusiasta: “Dobbiamo sederci tutti attorno a un tavolo e trovare un accordo”. Perché, a quanto pare, la vera piaga che infligge danni irreparabili è – udite udite – l’incertezza.
Lo spiega come solo un poeta dell’economia saprebbe fare: “Quando partono dazi e controdazi, è come un colpo di fucile sparato a salve che rimbalzando fa danni imprevedibili”. Tradotto: nessuno sa esattamente quali saranno le conseguenze. Il consiglio finale? “Dobbiamo rimanere coscienti”, perché non si finisce mai di imparare, soprattutto quando si naviga a vista in una tempesta di tasse e sussidi.