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Economia blu: Confindustria Nautica si fa notare a Osaka 2025, ovviamente

Non c’è niente come un convegno internazionale sul mare per ricordarci quanto l’Italia sia leader globale nella nautica da diporto — almeno a parole. Oggi, nel glamour del Padiglione Italia a Expo Osaka, si è svolto il tanto celebrato incontro promosso dal Ministro per le Politiche del mare, con la presenza di ambasciatori e funzionari giapponesi che hanno salutato l’evento con grandi sorrisi e formali discorsi di circostanza. Immancabile la presenza del Senatore Nello Musumeci, il Ministro per le Politiche del Mare, a ricordarci quanto il mare e tutto ciò che ruota intorno a esso siano una priorità nazionale.
Spostandoci fra le tante slide e i tasting di specialità marine, è venuto fuori che la cosiddetta Blue Economy italiana si regge principalmente sull’eccellenza della nautica da diporto: un settore che, stando alle parole del presidente di Confindustria Nautica Piero Formenti, si nutre di tradizione, cultura, artigianato e, ovviamente, quell’immancabile amore per i dettagli e il design che ci rende unici. Peccato che questa magnificenza sia un po’ in contrasto con certe bizzarrie normative nostrane che sembrano frenare più che spingere questo settore.
Piero Formenti ci regala la sua versione romantica della nautica: una miscela di capitalismo familiare, orgoglio culturale e identità territoriali forti. Lo scenario da favola però non poteva fare a meno di uno degli ospiti poco graditi: la crisi finanziaria globale del 2008, che ha fatto uno scherzetto all’industria e, come ciliegina sulla torta, ha avuto la complicità di scelte politiche italiane che hanno allungato il periodo di magra di altri tre anni. Ovvero il contesto normativo, quello miscuglio di leggi e regolamenti dalle cui pieghe le aziende devono cercare di estrarre ossigeno tra un controllo e l’altro.
Durante un confronto istituzionale con il viceministro giapponese Yoshimichi Terada, Formenti ha fatto suonare il campanello d’allarme: le imprese vogliono certezze, non favole; puntano a poter pianificare senza dover navigare in un mare di burocrazia infinita e controlli ossessivi, specialmente da parte delle forze di polizia marittima. La concorrenza internazionale non aspetta certo che noi finiamo i nostri conteggi e, siccome la manutenzione delle imboccature dei porti turistici sembra un optional, alle società di noleggio viene mortificata anche la leva del leasing nautico da parte dell’Amministrazione finanziaria. In pratica, una ricetta perfetta per farsi soffiare clienti e quota di mercato per mano di operatori esteri meno appesantiti dalle pastoie italiane.
Ah, ma la nautica è pur sempre il campione indiscusso dell’export italiano! Nel decennio 2014-2024, mentre l’intera industria manifatturiera cresceva del 55%, il settore nautico — incredibile ma vero — ha visto un aumento del 119% nelle esportazioni. Un miracolo che, però, per ora rischia di essere più sul piano dei numeri che sulla tenuta reale del sistema, soprattutto se continuiamo a guardare con occhio indulgente a questa apatia legislativa che strozza la capacità di innovazione e sviluppo.
In sintesi, dietro il palco delle foto istituzionali e dei sorrisi diplomatici a Osaka, la Blue Economy italiana resta uno di quei mondi dove la passione e la cultura si scontrano quotidianamente con la burocrazia e il sistema di controllo interno. Speriamo che, prima o poi, il nostro Paese riesca a trasformare questa eccellenza in risultati concreti e non in semplici numeri da esibire in conferenze internazionali o a Expo.
Ah, l’industria nautica italiana: un successo inarrestabile che ha raggiunto i magici 4,3 miliardi di euro, crescendo senza tregua dal 2012. Nel 2024, ha addirittura superato la cantieristica navalmeccanica mercantile, conquistando il 52% del mercato italiano. Chapeau! Sembra quasi che le barche da diporto stiano facendo il bello e il cattivo tempo più delle navi da carico.
Ma attenzione, qui si parla di un modello che va oltre la semplice vendita di imbarcazioni: si punta a un’esperienza sensoriale totale. La barca non è più solo un oggetto, ma un pretesto per far fruttare il turismo locale e mostrarci quanto siamo bravi a cucinare. Insomma, la nautica italiana è ormai una festa a tutto tondo del “made in Italy” tra mare, terra e forchetta.
Naturalmente, non poteva mancare la solita tirata sulle “porte d’accesso”: porti turistici che non devono trasformarsi in parcheggi abbandonati ma diventare luoghi dinamici e pieni di vita. Peccato che, finora, la maggior parte dei porti assomigli più a un cimitero di barche dimenticate che a un vivace centro di attrazione turistica. Ma niente paura, perché, grazie a una brillante riforma normativa (quando mai?), si auspica una rinascita. Speriamo che il Governo e il Ministro delle politiche del mare si ricordino di tenere il campanello acceso.
Il Salone Nautico: l’evento mondiale che ci fa sognare
Ecco il gioiello della corona! Il Salone Nautico di Genova, che quest’anno celebra la sua 65esima edizione, si conferma la piattaforma internazionale per eccellenza dove si intrecciano interessi, avventure in barca e—udite udite—strategie di sviluppo economico. Lo dicono persino gli ospiti giapponesi, ben impressionati dal modello di sostegno al settore. Paragonano il Salone Nautico al Salone del Mobile, l’evento più glamour e famoso al mondo per l’arredamento. Ovviamente, la nautica è la nuova forma d’arte da esportare.
Cifre? Oltre 120.000 visitatori, più di 1.000 imbarcazioni esposte e 1.150 giornalisti da ogni angolo del globo lo scorso anno. Una folla immensa che viene a Genova dal 18 al 23 settembre per vaporizzarsi tra motoscafi fino a 24 metri, superyacht da sogno, battelli pneumatici, barche a vela e un’infinità di accessori. Insomma, più che un Salone sembra un festival della passione galleggiante.
Oltre al glamour, però, il Salone serve anche da campo di battaglia per dibattere con il mondo politico, a caccia di soluzioni mirabolanti per il futuro del settore. Il presidente Formenti non si nasconde: “Essere la prima industria nautica da diporto al mondo comporta onori e doveri, soprattutto indicare la rotta verso un futuro sostenibile”. Sì, perché anche sulle acque cristalline deve scorrere un po’ di green.
Sostenibilità e innovazione: le parole d’ordine (ma nella pratica?)
Confindustria Nautica non perde tempo e ha lanciato una serie di iniziative degne del miglior manuale “Greenwashing per principianti”. Da comitati Esg (“Environmental, Social and Governance”, roba che suona importante) alla partecipazione a task force europee e federazioni mondiali, ce n’è per tutti i gusti. Per non farsi mancare niente, il Salone ha pure ottenuto la certificazione Iso 20121 per la gestione sostenibile dell’evento—un dettaglio tecnico che fa tanto “eco-friendly”.
E come non citare l’irrinunciabile “Sustainability Honor Code”? Un codice etico da sventolare orgogliosamente, magari davanti a un superyacht scintillante.
Quest’anno, venerdì 19 settembre sarà la giornata clou dedicata a sostenibilità e innovazione con la quarta edizione del World Yachting Sustainability Forum e l’European Sustainable Boating Roundtable. Il menù include tavole rotonde con esperti, chiacchiere sul commercio internazionale di barche verdi e su come la sostenibilità entri finalmente nei criteri per accedere alla tanto sognata finanza verde. Insomma, un tentativo di far quadrare il cerchio tra ambiente e affari.
Per chiudere in bellezza, Walter De Silva, una delle icone italiane del design, presiederà la sesta edizione del Design Innovation Award, premiazione che celebra l’eccellenza e la ricerca in un settore che profuma più di petrolio che di salmastro. Però, si sa, l’importante è l’immagine e la voglia di navigare verso un futuro (forse) più pulito.