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Enea Tech e Biomedical decide di scommettere su Recornea: quando l’azzardo diventa investimento

Con un’enfasi che non lascia dubbi sul ruolo strategico dell’operazione, Porta prossegue:

“Siamo particolarmente fieri di contribuire a un progetto che potrebbe cambiare realmente la vita di chi soffre di cheratocono. Il nostro investimento non è solo un atto economico, ma una scommessa sul futuro delle soluzioni biomedicali, rigorosamente made in Italy e pronte a lasciare il segno.”

In soldoni, Recornea punta a trasformare una patologia ostica in un problema più gestibile, grazie a un impianto che sembra più un capolavoro di design futuristico che un semplice dispositivo medico. Nel frattempo, Enea Tech e Biomedical ha deciso di puntare forte, sostenendo una startup che ambisce a portare il tricolore italiano sulle mappe globali dell’innovazione in campo oftalmologico. Non sarà un’impresa da poco, ma almeno ora sappiamo che dietro a un occhio malato può nascondersi una tecnologia tutta italiana pronta a sorprenderci.

La Fondazione Enea Tech e Biomedical ha appena annunciato un investimento di 450mila euro in Recornea, una startup innovativa che ha scelto come quartier generale nientemeno che Trieste e opera nel sofisticato mondo del medtech oftalmico. Fondata nel 2019, questa realtà si batte con entusiasmo per rivoluzionare il trattamento delle malattie oculari con soluzioni tecnologiche all’avanguardia.

Il gioiello della corona tecnologica di Recornea è il cosiddetto ‘Grosso Implant’: un impianto intracorneale mini-invasivo realizzato in nitinolo, un materiale che sembra quasi uscito da un romanzo di fantascienza, progettato ad hoc per raddrizzare quelle deformazioni della cornea causate dal cheratocono. Quest’ultimo, per chi non lo sapesse – o fa finta di non saperlo – è una patologia progressiva che non fa altro che ingarbugliare la vista, arrivando a creare distorsioni visive tutt’altro che simpatiche.

Ma come funziona esattamente questo impianto? Il ‘Grosso Implant’ è concepito per ripristinare la curvatura fisiologica della cornea grazie a una struttura reticolare sofisticatissima e a forma di cupola, che combina un anello periferico con una rete interna di fasci incrociati. Roba da far invidia a qualsiasi ingegnere strutturale, se solo si occupasse di occhi invece che di ponti o grattacieli.

Maria Cristina Porta, direttore generale di Enea Tech e Biomedical, ha voluto sottolineare con quel sorriso compiaciuto che solo chi ha appena deciso di mettere i soldi su qualcosa che sembra funzionare sa esibire:

“Recornea rappresenta un esempio virtuoso di innovazione al servizio della salute: con una tecnologia brevettata, un piano di crescita da far invidia a molte startup e un team di professionisti che sembrano usciti da una scuola di eccellenza, questa società è pronta a farsi largo nel competitivo mercato oftalmico mondiale.”

Con un’enfasi che non lascia dubbi sul ruolo strategico dell’operazione, Porta prossegue:

“Siamo particolarmente fieri di contribuire a un progetto che potrebbe cambiare realmente la vita di chi soffre di cheratocono. Il nostro investimento non è solo un atto economico, ma una scommessa sul futuro delle soluzioni biomedicali, rigorosamente made in Italy e pronte a lasciare il segno.”

In soldoni, Recornea punta a trasformare una patologia ostica in un problema più gestibile, grazie a un impianto che sembra più un capolavoro di design futuristico che un semplice dispositivo medico. Nel frattempo, Enea Tech e Biomedical ha deciso di puntare forte, sostenendo una startup che ambisce a portare il tricolore italiano sulle mappe globali dell’innovazione in campo oftalmologico. Non sarà un’impresa da poco, ma almeno ora sappiamo che dietro a un occhio malato può nascondersi una tecnologia tutta italiana pronta a sorprenderci.

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