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Energy manager a valanga nel 2024: il record che nessuno aspettava (ma tutti fingono di ignorare)

Nuovo record per gli energy manager italiani: boom di nomine nel 2024 segnala un’incontrollabile ascesa

Non ci sorprende che il 2024 abbia segnato un nuovo record per gli energy manager, quei miracolosi esperti in gestione dell’energia tanto attesi dai bilanci aziendali e dal conto elettrico. Ben 2571 nomine totali, con un incremento del 19% rispetto al quadriennio 2014-2020 e un ulteriore 4% rispetto al 2020-2024, spappolano ogni possibile dubbio sul trend inarrestabile. Di queste, 1752 provengono da soggetti obbligati, anch’essi in crescita, con un +17% nel primo periodo e +3% al più recente giro di lancette. Questi dati, riportati nel rapporto ufficiale predisposto da Fire, hanno fatto scintille durante il webinar dedicato agli energy manager in Italia nel 2025.

A lanciare l’analisi è stato Dario Di Santo, direttore di Fire, che ha spiegato con tono pacato ma inequivocabile come “il trend crescente si fosse solo preso una pausa tra il 2021 e il 2022,” grazie, ovviamente, alla pandemia e al crollo dei consumi. “Non appena il consumo si è ripreso, anche le nomine sono tornate a salire, battendo nuovi record.” Una novità interessante: se le nomine sono 2571, gli energy manager ‘reali’ sono invece 1869, perché spesso un singolo consulente si affanna a coprire più clienti, lasciando l’illusione di numeri ancora più strabilianti.

Un dato che dovrebbe fare sorridere gli amanti del diversity management è la crescita femminile nel settore: addirittura al 12% quest’anno, rispetto al 10% di appena dodici mesi fa e al 7% di tre o quattro anni fa. Non male – anche se un terzo delle nomine arriva ancora da soggetti non obbligati, quelli che evidentemente hanno capito che un energy manager non è solo un costo imposto, ma un investimento fondamentale per le loro attività.

In termini di gerarchie aziendali, le cose divengono un po’ più sofisticate: il 28% degli energy manager nominati è dirigente, il 34% quadro, e il restante 38% si distribuisce tra altre posizioni interne. Non siamo dunque nel regno delle figure marginali, ma nemmeno in quelle esclusivamente apicali, con un terzo delle nomine affidate a consulenti esterni, quei faq liacchi della modernità che offrono flessibilità e – perché no – risparmio. Stiamo parlando di un’energia gestita che ammonta a 95 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio; una cifra considerevole se si pensa che dietro ci sono gestioni molto aggressive di consumi e sprechi vari.

Dario Di Santo non ha risparmiato una punta di sarcasmo nel sottolineare i vantaggi della “migliore gestione energetica”, ricordandoci che conviene non soltanto in termini di bolletta, ma anche per “ridurre le emissioni nocive, rispettare la tanto decantata sostenibilità (soprattutto per chi deve compilare report di varia natura) e ottimizzare le risorse economiche.” Tradotto: si spende meno, si rischia meno, si liberano fondi per altre, imprevedibili necessità aziendali. Ah, e il gioco di prestigio più bello sta nel fatto che se consumi meno energia, riduci la necessità di costruire nuove centrali, diminuisci la dipendenza carnale dalle forniture estere e allenti pure la pressione su reti di trasmissione e distribuzione, quelle che fanno sempre scricchiolare il nostro sistema.

Il tutto si riverbera magicamente su sicurezza degli asset, continuità della produzione, miracoli di produttività e qualche squisito dettaglio di conformità legislativa e ambientale. Insomma, non stiamo parlando di un hobby per appassionati nerd, ma di una materia prima per la pappa seria delle imprese.

Durante il webinar è emersa anche un’interessante indagine sulle potenzialità dell’intelligenza artificiale applicata proprio all’energy management, segno che la tecnologia corre e si prepara a rivoluzionare (o almeno tentare) questo settore. Resta da vedere se questo slancio vertiginoso continuerà a fare la differenza o, come spesso accade con le mode del momento, sarà solo un’altra bolla pronta a esplodere.

Fire, quel meraviglioso crocevia di fornitori di tecnologie, esperti del settore e aziende medio-grandi, ci regala un po’ di numeri che sembrano usciti da un film di fantascienza… o forse no. Il 38% delle aziende di dimensioni medio-grandi ha già deciso di abbracciare l’intelligenza artificiale per i propri affari, mentre un più ambizioso 56% sta ancora pensando a come cavalcare questa tigre tecnologica nei prossimi anni. Che coraggio!

Yasaman Meschenchi, la profeta della rivoluzione digitale di Fire, ci racconta che l’IA viene usata soprattutto per le solite cose da stressati del futuro: monitoraggio, ottimizzazione dei consumi, manutenzione predittiva, automazione dei processi e gestione della rete. Insomma, tutto ciò che fa sembrare le macchine un po’ meno idiote.

Tra i benefici elencati, spettacolari come sempre, troviamo una lista da spot pubblicitario: riduzione dei costi, aumento dell’efficienza energetica, riduzione degli sprechi e, dulcis in fundo, un tempo dimezzato per fare analisi. Perché fare le cose con calma è troppo anni ’90.

Ma non è tutto rose e fiori, come in ogni bel racconto moderno che si rispetti. Le sfide del momento sono la mancanza di risorse umane adeguatamente formate – eh già, non è facile trovare il mago dell’IA che giri con una bacchetta magica – e la carenza di macchinari adatti. Inoltre, non manca quel sano scetticismo e diffidenza verso l’IA che rende tutto più emozionante: nessuno vuole un robot che gli rubi il lavoro, o forse sì, ma non subito.

Alla fine del giro di giostra, Meschenchi ci regala la sua epifania da oracolo tecnologico:

“I risultati della nostra indagine confermano che l’intelligenza artificiale è una leva strategica per migliorare l’efficienza energetica, per ridurre i costi, accelerare la transizione verso un futuro più sostenibile. Se usiamo bene l’intelligenza artificiale, possiamo sfruttare molto bene l’IA nel nostro lavoro.”

Ecco, questa è la quintessenza del tech-speak per dire: “Se tutto va bene, potrebbe funzionare”. Nel frattempo, continuiamo a sperare che i robo-assistenti non sappiano mai doversi sobbarcare la nostra burocrazia energetica. Altrimenti, addio caffè al bar.

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