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Fermare l’assurdo balletto dei contratti a termine per inseguire la parità di genere nel lavoro

Sono tre le idee geniali per mettere le donne al centro del mercato del lavoro, far crescere il Pil e… rilanciare la natalità, ovviamente. Primo, regolare il mercato per dire addio agli abusi dei contratti a termine, che qualcuno ha pensato bene di liberare completamente, eliminando anche quelle fastidiose causali nel lavoro a tempo. Secondo, introdurre un congedo obbligatorio di maternità e paternità, giusto per far finta di considerare il lavoro autonomo che, eh sì, non si deve assolutamente dimenticare. Terzo, continuare con la riforma dell’autosufficienza, perché nulla dice “futuro” come rimettere mano a qualcosa che probabilmente era meglio se restava com’era.

A parlare è Maria Cecilia Guerra, responsabile Lavoro nella segreteria nazionale del Partito Democratico, in occasione dell’evento “Demografia, un patto fra generazioni”. Un’interessante chiacchierata al Palazzo dell’Informazione, dove le soluzioni sontuose si sprecano.

Maria Cecilia Guerra ci tiene a sottolineare che il tasso di partecipazione al mercato del lavoro per donne e giovani è “molto basso” e la penalizzazione salariale è “molto alta”. Colpa di un mercato del lavoro che promette flessibilità ma, oh sorpresa, penalizza soprattutto le donne.

In sintesi: più contratti fissi che flessibili, congedi obbligatori quasi come punizione, un encomio retorico al lavoro autonomo (quello che spesso si dimentica quando fa comodo) e la riforma dell’autosufficienza come guizzo finale per addolcire la pillola. Il tutto condito da accuse velate ma ben precise al governo attuale, che ha scelto di liberalizzare tutto riducendo al minimo le protezioni. Insomma, una ricetta che promette di risollevare il mercato del lavoro a colpi di ideologia, con le buone intenzioni ben lucidate e servite su un piatto d’argento.

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