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Fibra in crisi: l’Italia si ingarbuglia tra Open Fiber e FiberCop

Altro che rivoluzione digitale: l’Italia è bloccata in un impasse tragicomico sul fronte fibra ottica. Il progetto da 3,4 miliardi di euro finanziato dall’Unione Europea per portare la banda ultralarga a milioni di edifici si sta rivelando l’ennesimo esercizio di inefficienza strutturale. Open Fiber e FiberCop, le due società incaricate (entrambe con partecipazioni pubbliche), si rimpallano colpe e fallimenti operativi, mentre il governo assiste impotente.
L’Italia digitale… ma solo nei PowerPoint
Nel piano teorico, entro giugno 2026 si sarebbero dovuti cablare 3,4 milioni di edifici. Ad oggi, siamo a metà strada. Il problema? Le aziende non si parlano, o meglio, si parlano male. Open Fiber, nonostante il controllo della CDP e i soldi pubblici in pancia, è drammaticamente in ritardo. La “rivale” FiberCop, finanziata dal fondo KKR ma con dentro pure il Ministero dell’Economia, propone di rilevare i lavori. Ma a condizioni che Open Fiber definisce inaccettabili. Il risultato: un balletto grottesco di trattative a vuoto e riunioni-farsa.
Nomine politiche e lentezze strategiche
Il Consiglio di Amministrazione di Open Fiber continua a riunirsi per “valutare” mentre i cavi restano nei magazzini. Le soluzioni sembrano paralizzate da interessi incrociati, gestioni opache e timori di perdere potere. Uno scenario già visto: manager messi lì per appartenenza più che per competenza, e società pubbliche che vivono in una bolla di burocrazia difensiva.
L’Europa ci guarda… e ride
Mentre in altri paesi europei la fibra è ovunque, in Italia solo il 60% delle famiglie ha accesso alla banda ultravelocità. La media UE è del 79%. Chi ci finanzia comincia a perdere la pazienza, ma Roma risponde con la solita liturgia di scaricabarile istituzionale. Dal Palazzo, un funzionario vicino alla Premier Meloni dichiara che “tocca alle aziende trovare l’accordo”. Insomma, lo Stato incassa i fondi ma si dichiara spettatore passivo del fallimento.
La farsa dell’unica rete pubblica
E poi c’è l’ultima perla: l’obiettivo dichiarato di fondere Open Fiber e FiberCop in un operatore unico sotto controllo statale. Sulla carta, un’idea sensata. Nella realtà, un incubo gestionale pronto a moltiplicare poltrone, doppioni, comitati, e conflitti d’interesse. Con i soliti cittadini a pagare la lentezza, l’inconcludenza e l’incompetenza cronica.