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Finalmente il ddl Cnel che tenta di mettere un po’ di ordine nel caos alfanumerico dei contratti collettivi: salviamo ciò che resta della burocrazia!

Unioncamere, l’organo pubblico che rappresenta ufficialmente le Camere di Commercio italiane, insieme a InfoCamere, la società dedicata all’innovazione digitale delle Camere, accolgono con entusiasmo la recente approvazione del Disegno di legge da parte dell’assemblea del Cnel. Una norma che, in pieno spirito di “trasparenza digitale”, promette di assegnare alle sedi imprenditoriali il dato relativo al contratto collettivo nazionale di lavoro tramite un codice alfanumerico unico, integrato con i dati già disponibili nel Registro imprese e gestiti dall’Inps.

L’iniziativa, presentata come un colpo di genio nella lotta contro lo sfruttamento della manodopera e contro la criminalità economica e finanziaria, mira a intensificare lo scambio di informazioni tra le pubbliche amministrazioni. A quanto pare, aumentare la “conoscenza” delle dinamiche contrattuali dovrebbe magicamente rendere il mercato del lavoro italiano più “corretto”. Peccato che finora la trasparenza abbia spesso convissuto con una certa dose di inefficienza e retorica burocratica.

Il sistema camerale, con tutta la sua solennità istituzionale, si dichiara pronto a dare il massimo sostegno operativo per mettere in piedi questa iniziativa, con tanto di promessa: avvantaggerà imprese, lavoratori e soprattutto le amministrazioni pubbliche. Insomma, tutto il sistema dovrebbe beneficiarne, secondo la vulgata ufficiale.

Peccato che, dietro i proclami, resti il dubbio se questo sistema, pur ricco di buone intenzioni, riuscirà realmente a far emergere quelle storture contrattuali e a combattere le magagne nascoste nelle pieghe di certe relazioni industriali italiane. Nel frattempo, si aspetta di vedere come verrà tradotta questa “trasparenza” in un concreto miglioramento sul campo, o se rimarrà l’ennesima bella etichetta di facciata.

In ogni caso, mentre tutti applaudono l’adozione del nuovo codice alfanumerico, qualcuno potrebbe domandarsi se l’operazione sarà davvero un salto di qualità o solo un altro tassello di quel complicato mosaico della burocrazia italiana, dove ogni innovazione si trasforma facilmente in un eterno iter da cartaccia e procedure.

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