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I pagamenti elettronici in Italia crescono tre volte in dieci anni: la rivoluzione cashless procede a rilento, l’economia sommersa al 10% del Pil

La trasformazione cashless dell’**Italia** avanza, ma anziché una veloce corsa verso la modernità, si ha l’impressione di una marcia trascinata da un pesante fardello. In un decennio, il transato digitale è triplicato, passando da 174 miliardi a 471 miliardi di euro, e oggi rappresenta oltre il 40% dei consumi delle famiglie – nel 2015 era solo al 17%. Merito delle politiche pro-cashless e della diffusione di strumenti di pagamento innovativi come mobile e wearable. Peccato che, tra queste scelte brillanti, si introduca anche l’**emergenza pandemica** che, come al solito, ha offerto una giustificazione per accelerare il cambiamento senza considerare il fatto che il coinvolgimento reale delle persone è spesso solo apparente.

L’**industria dei pagamenti cashless** ha generato nel 2023 un fatturato di 16,8 miliardi di euro, raddoppiato in un decennio, e dato lavoro a oltre 34.000 persone. Ma i conti tornano solo se si sorvola sull’inefficienza di questo sistema che si vanta di vantaggi come la sostenibilità e la riduzione dei costi, per un impatto complessivo sul decennio che si stima in quasi 40 miliardi. Ma sono davvero numeri credibili o ci si nasconde dietro finti successi facendoli passare per effettive vittorie?

Luci e ombre, un quadro che fa riflettere

Il rapporto della **Community Cashless Society** di **Teha Group** – il cui primo decennio di pubblicazione segna progressi non proprio scintillanti – mette a confronto il crescente abbandono del contante con una realtà a macchie di leopardo. La crescita delle transazioni cashless è evidente, ma *ahimè*, è inadeguata rispetto agli standard europei. Con questi ritmi, l’**Italia** dovrebbe allinearsi alla media europea delle transazioni pro-capite nel 2038. Un passo che pare più una promessa scaduta che una realtà imminente. Con un 20° posto nel **Cashless Society Index**, siamo pur sempre in fondo alla fila.

E mentre il transato cashless rappresenta solo il 25% del **Pil**, la media europea è a un comodo 28%. L’importo medio di una transazione digitale supera di 11 euro il benchmark, rivelando un’arretratezza che fa rimanere basiti. Se c’è una cosa che gli italiani sono bravi a fare, è mantenere il passo *rallentato* mentre il resto del mondo avanza con decisione.

La retorica del miglioramento

Quest’anno, per la prima volta dalla nascita della Community, l’**Italia** è scivolata fuori dal club delle trenta peggiori economie secondo il **Cash Intensity Index**. Ora siamo al 31° posto, con un progresso che può far sorridere solo i meno ambiziosi. Sì, abbiamo migliorato, ma il gap rispetto alla media europea rimane evidente, con un differenziale di +1,6 punti. Le vere domande da porsi sono: *Quanto è soddisfacente questo miglioramento?* E *chi se ne frega di essere meno pessimi se il gap continua a restare incolmabile?*

È una truffa che sfida la logica, un balletto di statistiche che promettono un futuro radioso ma si dimostrano solo una comoda narrazione per chi non ha voglia di affrontare la realtà. Forse ci consoleremo con delle soluzioni miracolose nel mentre, ma chissà — se non facciamo altro che ridere alle nostre spalle, la vera vittoria rimarrà solo un sogno a occhi aperti.

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