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Il magico mondo di Fao Schwartz arriva alla stazione Termini

Non serve essere un genio per capire che l’apertura di un negozio di giocattoli Fao Schwarz alla stazione di Roma Termini non è altro che un tentativo disperato di attirare il pubblico in un mercato già sazio di prodotti belli ma inutili. Arrivano da Milano e Parigi, come se il fatto di avere le stesse catene di negozi fosse qualche tipo di valore aggiunto. La verità è che stiamo aprendo le porte a un’altra facciata di un sistema commerciale che ama illudere i consumatori con colori e suoni — come se i bambini avessero bisogno di più distrazioni in un mondo da cui dovrebbero essere protetti.

Prg Retail Group sta affrontando un compito che, in un mondo razionale, dovrebbe sollevare domande su quanto senso abbia un accordo esclusivo con ThreeSixty Group, che possiede il marchio. Parliamoci chiaro: dietro questo abbagliante investimento si nasconde la voglia di guadagnare enormi profitti da spese che molti genitori non possono permettersi. E mentre ci rifugiamo nella falsa glorificazione dello shopping, i veri veri problemi di chi vive in Italia rimangono sepolti sotto la superficie.

Poi arriva l’occasione spacciata come “grande opportunità” grazie a un accordo con Grandi Stazioni Retail. Davvero? Siamo seri? L’idea di portare un marchio di giocattoli in uno dei maggiori hub ferroviari d’Europa è tutto tranne che una soluzione: piuttosto, è un esempio eclatante di come le aziende continuino a ignorare le vere necessità delle persone. E quali necessità? Fatture, affitti, cibo — non certo il raccattare più plastiche mediocre da un negozio luccicante.

E mentre ci sforziamo di mostrare al mondo la facciata scintillante di negozi di giocattoli, i veri volti della miseria e del tempo che scorre inesorabile rimangono nell’ombra. Rispettare le esigenze vere di una società è diventato un concetto obsoleto, mentre il lucido sfoggio di “divertimento” continua a prosperare. A meno che non si decida di agire per rovesciare il tavolo e cominciare a vedere i consumatori non come semplici portafogli ambulanti.

Ecco le possibili “soluzioni”: smettere di incoraggiare il consumismo sfrenato, dare priorità all’educazione consapevole dei genitori e dei bambini, fornire più risorse per il benessere sociale piuttosto che per questa farsa commerciale. Ma chi ha tempo per queste idee, vero? Meglio un altro negozio scintillante da inserire nell’elenco delle cose da non comprare!

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