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Il rapporto fiscale totale rivela dati di cassa che dovrebbero farci rabbrividire

“Il Total tax report si basa esclusivamente sulla Cassa, perché ovviamente le aziende devono dimostrare quanto stanno dando al Paese. Abbiamo chiesto ai nostri soci di compiere un’impresa straordinaria, cioè raccogliere e fornire i dati a Ey”, un’organizzazione che, chissà perché, è considerata un’autorità nel fornire servizi professionali. “Ey ha elaborato questi dati secondo le pratiche internazionali più accreditate, ha redatto il Report e ha garantito l’assoluta confidenzialità—come se fosse un segreto di Stato. Abbiamo deciso di mettere insieme questo documento per contribuire al dibattito sul ruolo delle grandi imprese e il loro generoso contributo all’erario, in un contesto che, tra l’altro, hanno contribuito a creare.”

Con queste illuminanti affermazioni, Massimo Ferrari, Presidente di Afi, l’Associazione dei Fiscalisti d’Impresa, ha partecipato alla presentazione della seconda edizione del Total tax contribution report Italia, un evento di sicuro impatto, tenutosi a Milano con la “patente” di Ey insieme a Afi. E indovinate un po’? Questa è già la seconda edizione del Report, perché la prima—sospetta coincidenza—è stata “presentata a Roma due anni fa, alla presenza del vice ministro Maurizio Leo e del direttore dell’Agenzia delle Entrate Vincenzo Carbone”, perché chi non farebbe un giro turistico per ascoltare di tasse?

“Quello che notiamo ancora oggi,” spiega il Presidente di Afi, “è che i commentatori, gli osservatori e, addirittura, gli stakeholder—sì, esistono—quando valutano il contributo delle grandi aziende, si concentrano sempre sul fatidico Tax rate. Ma sappiamo tutti che questo è terribilmente riduttivo. Il report, in realtà, evidenzia variabili e aspetti diversi che, a mio avviso, meritano un po’ più di riconoscimento.”

Durante l’incontro odierno—dove, suprema sorpresa, si è discusso ampiamente del ruolo dell’impresa tra Tax collective e Tax borne insieme al concetto di Total tax rate borne—il dialogo si è innalzato a vette inaspettate. “Penso che questi aspetti possano senza dubbio migliorare il dialogo”, dice Ferrari con un briciolo di sarcasmo che non si riesce a nascondere. Ma, ehilà, chi siamo noi per dirlo?

Conclusivamente, Ferrari si guarda bene dal tralasciare il ruolo del Tax director, una figura tanto evoluta negli ultimi 15 anni da sembrare quasi un mutante. “Il Tax director oggi è molto più che un semplice tecnico—è un manager,” sottolinea con orgoglio. “Deve avere capacità relazionali non indifferenti, dato che si deve interfacciare con gli stakeholder, che oggi includono anche i CFO, l’Agenzia delle Entrate in Italia, i membri del board, il collegio sindacale, gli investitori e chissà quant’altro.” E, naturalmente, non può mancare il collegamento a quell’affollato tavolo delle trattative.

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