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Le banche italiane spuntano come roccaforti mentre l’Europa suda lo stress test

Se c’è una notizia che ci voleva, eccola: le banche europee restano saldamente aggrappate alla loro corazza di resilienza, resistendo addirittura a un’improbabile apocalisse economica. L’Autorità bancaria europea ha sfornato lo stress test del 2025, e sorpresa, sorpresa: nonostante una perdita complessiva da capogiro di 547 miliardi di euro e un abbassamento del capitale Cet1 da un prosperoso 15,8% a un meno brillante 12,1% entro il 2027, le banche rimarrebbero “forti” e capaci di dare ancora fiato all’economia europea. Roba da applausi…

L’indagine ha coinvolto 64 istituti, coprendo il gran pasto del 75% degli attivi bancari europei, e ha simulato uno scenario da incubo: una brusca e pesante frenata macro-finanziaria globale. Dati così “rassicuranti” che l’Eba, forse per sicurezza, ci tiene a sottolineare che «mantenere un capitale adeguato resta fondamentale per preservare la sicurezza del sistema bancario». Non che ce lo avessimo dimenticato, vero?

Arriviamo alle star italiane di questa prova di resistenza: le nostre banche si piazzano tra le più solide sul podio europeo. L’assorbimento complessivo del capitale Cet1, durante le turbolenze immaginarie, si aggira intorno a 150 punti base, l’equivalente di un caffè amaro. In confronto, Portogallo fa gli esercizi con meno di 50 punti base, mentre Svezia e altri paesi del calibro di Ungheria, Grecia, Polonia e Norvegia stanno un po’ sopra la nostra turma ma sempre sotto la doccia gelata degli 800 punti base in cui naufragano le tedesche e le francesi. Le quali, naturalmente, si prendono qualche giorno per metabolizzare…

Uno scenario da film catastrofico per i banchieri

Nell’immaginario stress test 2025, un dantesco cocktail di crisi vede l’Ue e le nazioni più avanzate precipitare in una recessione simultanea e prolungata. Da cosa? Un miscuglio di tensioni geopolitiche che salgono alle stelle, con il Medio Oriente protagonista del caos, accompagnato da una corsa sfrenata al protezionismo globale, dazi inclusi. La prova per i nostri istituti è più dura di un thriller politico.

L’Eba tranquillizza: alcuni di questi elementi di dramma si erano già affacciati alla finestra, come il ritorno degli Usa al diluvio dei dazi e il solito teatro mediorientale in fibrillazione, ma per ora, la nostra Europa e il mondo non hanno mollato del tutto, dimostrando una resilienza, seppur con il fiatone.

I divieti ai dividendi e le sbavature di leva

Nonostante questo scenario da brivido, tutte le banche europee superano il test di capitalizzazione senza farsi cacciare annegate. Tuttavia, quando si tratta di distribuire i dividendi ai propri azionisti, 17 banche dovranno mettere la mano sulla coscienza e frenare l’entusiasmo. Il cosiddetto “Mda trigger” o il suo gemello della leva finanziaria – termini burocratici di certo poco sexy – segnalano che quei banchieri tremano al pensiero di dover limitare i pagamenti agli azionisti per non sprofondare. E poi c’è almeno un istituto che ha fatto un passo falso sulla leva finanziaria, infrangendo il famoso coefficiente Srep Tier 1. Chissà se qualcuno sentirà il bisogno di scusarsi, o preferiranno far finta di niente.

La “prova di forza” di Francoforte lascia qualche dubbio

Guardando invece al contagio degli stress test condotti direttamente dalla Banca Centrale Europea, che ha incluso anche 45 banche di media taglia oltre alle più grandi, il quadro si fa meno confortante. Nello scenario avverso e al termine dei tre anni di simulazione, le 96 banche scrivono un rosso da 628 miliardi in perdite complessive, dovute a rischi di credito, di mercato e operativi. Un bel salto rispetto ai 548 miliardi stimati nel 2023. Il famoso capitale Cet1, glorioso al 16%, precipita a un più modesto 12%.

Quindi, cari europei, possiamo dormire sonni tranquilli, al netto di qualche inevitabile mal di pancia da capitale in caduta libera. È rassicurante sapere che, a dispetto di scenari apocalittici simulati, banksters e burocrati di Francoforte battono il chiodo della solidità e ci promettono che si faranno in quattro per continuare a tenere a galla l’economia europea. O almeno, è questo che vogliono farci credere.

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