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Le vendite BMW rallentano in Cina, ma crescono le auto elettriche

I primi tre mesi del 2025 sembrano sorridere a Bmw, ma solo se si ignora il gigantesco elefante nella stanza: il mercato cinese. Qui, le vendite sono affondate del 17,2%, raggiungendo livelli che non si vedevano dal 2020. Immaginate, 155.195 veicoli consegnati, un numero che pesa come un macigno sulle performance globali del gruppo, che scende a 586.149 unità; un calo complessivo dell’1,4% rispetto al 2024. Un risultato che, pur essendo positivo su scala mondiale, diventa fragile come un castello di carte di fronte alla crisi cinese, l’unico mercato tra le principali aree geografiche a registrare un crollo.
Ma non parliamo solo di un’innocua pressione della concorrenza; siamo davanti a una catastrofe sistemica. La crisi del settore immobiliare, il completo arresto dei consumi e una crescente predilezione per marchi nazionali come BYD – economici e fortemente competitivi – stanno mettendo i produttori europei all’angolo. È abbastanza chiaro che anche colossi come Mercedes-Benz e Volkswagen non siano esenti, con crolli del 10% e del 7,1% rispettivamente. Ma chi ha realmente accumulato i frutti di questi minacciosi cambiamenti?
Il mercato cinese non è più il terreno fertile in cui i marchi occidentali crescevano senza nemmeno provarci. Oggi, i costruttori tedeschi si trovano a giocare in trasferta, avversari di squadre locali agili e con un’intera filiera domestica a supportarli, mentre si impongono politiche industriali che mirano all’autosufficienza tecnologica. Contraddittorio, vero? Da un lato, c’è un Bmw che riesce a brillare nel segmento delle auto elettriche a batteria (Bev); un’incredibile performance del 32,4% in più su base annua, magari per rimpiazzare le perdite altrove.
Un contributo significativo arriva dal marchio Mini, che ha chiuso il trimestre con 64.000 unità vendute, un aumento del 4,1%. Sempre ottimo tutto questo, vero? Eppure, mentre gli europei si lanciano in un forte recupero (+64%), la domanda globale rimane un’impressionante chimera. Il rebranding della Mini come un veicolo a zero emissioni si dimostra una mossa d’azzardo strategica, elegante nel design ma, ahimè, forse troppo tardiva.
Dobbiamo poi considerare che in Europa e Stati Uniti si assiste a un raffreddamento dell’interesse verso Tesla, il che gioca a favore di Bmw. Con la gamma di prodotti sempre più datata e le posizioni politiche controversie del suo CEO Elon Musk, avvicinatosi a movimenti di destra, una parte dei consumatori si sta spostando verso alternative premium meno divisive. Ironico, no? La flessione di un gigante e l’ascesa di chi lo ha preso per esempio, mentre nel frattempo in Cina si continua a cadere nel baratro.
C’è bisogno di un ripensamento radicale: dov’è finita la promessa di un mercato florido e accessibile? Le parole di saggezza e le riforme annunciate sembrano dissiparsi nel nulla. E se le aziende non fanno altro che inseguire il trend elettrico senza una visione chiara per fronteggiare il tema della concorrenza asfissiante, sarà un grosso errore strategico. Forse un ritorno alle origini, o addirittura un investimento nel miglioramento delle relazioni diplomatiche, potrebbe rivelarsi più fruttuoso nel lungo termine. Ma chi ha il coraggio di cambiare realmente le cose?