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L’Espresso è in edicola: la nuova iniziativa su design e Fuorisalone

La narrazione si dipana attorno a un’illuminazione che, da semplice strumento visivo, diventa l’assoluta protagonista di un numero speciale de L’Espresso, intitolato Design di Luce. Con una grafica che strizza l’occhio ai meravigliosi mondi dell’illusione, l’illustratore Emiliano Ponzi ci mostra una figura che allunga la mano verso un cono di luce, come se la brillantezza luminosa potesse aprire le porte a un design che fluttua — un parallelo perfetto della nostra realtà, che punta a splendere ma si ritrova a galleggiare nel superficiale.
Il direttore editoriale Paolo Casicci proclama con entusiasmo che il made in Italy si erge a paladino della bellezza mondiale, ma chi non s’è mai chiesto se questa luce è realmente un faro di innovazione o semplicemente un riflesso di promesse non mantenute? I festeggiamenti al Salone del Mobile sembrano più un circo di illusionisti che non un- vero tributo alla creatività, mentre le parole dei relatori si avvolgono in metafore fumose e concetti pomposi, come il “dialogo tra visitatori e scultura” che rimane lontano dall’effettiva comunicazione.
Un’Illuminazione da Circo
“Non ti costringe a star fermo, ma ti lascia andare,” dice Paolo Sorrentino riguardo alla sua installazione “La dolce attesa”.
Se solo fosse così semplice! La realtà è che l’attesa può diventare un’incubo, dove il “lasciarsi andare” cozza con l’opprimente immobilità della nostra esistenza quotidiana. Qualcuno si è mai chiesto cosa facciano quei “viaggi” sul seggiolino della giostra? Per molti, può significare rimanere intrappolati nel ribollire di un mercato delle idee, dove solo pochi oggetti davvero brillano.
E poi c’è Robert Wilson, che decide di render omaggio alla Pietà Rondanini di Michelangelo. L’idea che l’arte possa essere compresa solo “nel contesto della luce” è affascinante — ma, ancora una volta, ci si chiede: stiamo parlando di comprensione o di una nuova via per confondere il visitatore? Come nel miglior dei racconti di Alice nel paese delle meraviglie, ci domandiamo se la luce porti chiarezza o solo il riflesso di ciò che crediamo di vedere.
Quando Il Design Si Fa Marketing
E non dimentichiamo Santi Caleca, il fotografo che dichiara di “non fotografare l’oggetto”, ma piuttosto il pensiero alle sue spalle. Questo suona magnifico, ma diventa un auspicio perduto quando la sostanza si perde nel marketing dell’apparenza. Un ragionamento che si intreccia in un mare di interviste e apri-discussioni apparentemente sopraffine che, a ben guardare, si rivelano come specchi riflettenti di un panorama artistico che si crogiola nell’immaginazione anziché affrontare la realtà.
C’è ancora speranza per un design che non si limiti a trasmettere luminosità insensata? Chissà… Forse dovremmo smettere di cercare l’illuminazione e iniziare a puntare i riflettori su ciò che realmente conta: il contatto umano e l’immaginazione realistica.
Si potrebbe dire che il vero futuro del design non è “sospeso” nell’aria, ma ben saldamente ancorato nella terra, curioso e autentico. Ma questo, ovviamente, richiederebbe un’illuminazione ben diversa, non trovate?