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L’eterna agonia del carcere di Zimbarda: un monumento all’incompetenza e ai sogni infranti

Il progetto, parte del Piano carceri degli anni Ottanta, si è bloccato a causa dell’abolizione delle Preture e contenziosi tra le imprese, lasciando un’importante opportunità di sviluppo incompiuta.
Avete presente quando si pianifica qualcosa di grande e poi si scopre che era tutto un sogno? Ecco, l’area dell’ex carcere di località “Zimbarda” a Mileto è l’emblema perfetto di questo concetto. In una regione, la Calabria, che ha fatto dell’incompletezza una vera e propria arte, questo è solo uno dei tanti progetti rimasti nel limbo, frutto di visioni avventate degli anni Ottanta e Novanta, con l’illusione di un’epocale crescita che, come si è visto, era solo una favola. Ma si sa, sognare è gratis, giusto?
Il progetto di Mileto era inserito in quel magnifico Piano carceri dell’epoca, lasciando tutti noi con l’acquolina in bocca per le case mandamentali che avrebbero dovuto sorgere. Ah, la dolce melodia di opere pubbliche che promettono di stravolgere il panorama locale! Se solo non ci fossero stati gli fastidiosi problemi legali e l’improvvisa abolizione delle Preture a rovinare i piani. Ma chi ha bisogno di giustizia quando si ha il sogno di un carcere in costruzione?
A chi non piacerebbe che i soldi pubblici venissero spesi con la massima attenzione e precisione? Invece, eccoci qui: con delle strutture incompiute che, forse, qualcuno potrebbe considerare una torta nuziale belle decori ma completamente cruda all’interno. E così, mentre i politici vantano le loro gesta eroiche nel promuovere che so, il bene della comunità, la verità è che ci ritroviamo con cantieri eternamente fermi e una folla di promesse non mantenute. Ma chissà, magari in un futuro molto lontano, Mileto avrà il suo carcere perfetto e, nel frattempo, possiamo sempre continuare a immaginare cosa sarebbe potuto essere. E mentre lo facciamo, ricordiamoci di usare la nostra immaginazione: è l’unico investimento sicuro in un mare di incertezze!
Immaginate una cittadina così convinta della sua importanza da costruire una Pretura, il che è un po’ come costruire un castello per un re senza regno. La struttura, che ha richiesto una manciata di miliardi delle vecchie lire per sorgere su un terreno vasto 10.000 metri quadrati, avrebbe dovuto ospitare circa 80 detenuti, perché si sa, le carceri non sono mai un problema finché ci si costruisce sopra un monumento alla follia.
Tuttavia, mentre i lavori avanzavano come un bradipo in gita, tutto si è bloccato. Questo imprevisto è stato causato dall’abolizione delle sedi delle Preture, che nei gloriosi anni Novanta sono state sostituite dagli Uffici del Giudice di Pace, come se un cambio di nome risolvesse magici problemi di giustizia. Ma non finisce qui: è emerso un contenzioso interminabile tra la ditta esecutrice e il suo stesso direttore. Davvero un capolavoro di efficienza burocratica!
Così, un progetto concepito per il bene della comunità è rimasto incompiuto, fungendo da monumento alla gestione pubblica delle risorse, che è come se i fondi venissero lanciati in un vulcano piuttosto che investiti in qualcosa con un futuro. Perché chi ha bisogno di carceri funzionanti quando si possono costruire strutture magnifiche che resteranno sempre “maiuscole e incompiute”?