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L’imperdibile trionfo del cosiddetto effetto Cattaneo e la gara senza senso alla capitalizzazione tra società partecipate

Se c’è una parola per descrivere il momento di Enel, è “straordinaria”, ma da un punto di vista puramente finanziario. Mentre i mercati mondiali tentennano, la più grande partecipata statale italiana fa l’en plein, arrivando a valere oltre 83 miliardi di euro e superando ogni concorrente pubblico con un distacco quasi umiliante. Il merito? Ovviamente l’ineguagliabile talento manageriale di Flavio Cattaneo, artefice di una crescita del valore del gruppo energetico pari al 35% in pochi anni e capace di far sorridere anche le casse dello Stato.
Non è una favola: gli investitori che hanno deciso di puntare su Enel durante la sua gestione hanno visto i propri soldi crescere di più del 50%. Tradotto in soldoni “veri”: un investimento di 1000 euro si è trasformato in quasi 1.535 euro — una performance che pochi titoli azionari possono vantare in tempi tanto turbolenti. Non male, considerando che stiamo parlando proprio di quel periodo in cui le borse mondiali sembrano giostrare un’altalena di incertezze geopolitiche e volatilità.
E non è tutto: in questi due anni i dividendi elargiti agli azionisti hanno raggiunto 0,90 euro per azione. Tradotto, un bel gruzzolo che ha portato nelle casse dello Stato, con il suo 23,6% di partecipazione, più di 2 miliardi di euro. Un certificato di eccellenza, soprattutto se si considera che in tempi simili si potrebbe pensare a un ridimensionamento delle uscite e non al contrario.
Se poi ci limitiamo all’ultimo semestre, la crescita azionaria di Enel è stata del 19,3%, continua a dettare legge tra le partecipate quotate a Piazza Affari con performance da fare invidia a chiunque. La strategia di Cattaneo è chiara: investimenti mirati, spingendo forte sulla transizione energetica e puntando a consolidare la supremazia di Enel nel settore energetico. Insomma, non solo numeri ma anche valori, con punteggi di rilievo su sostenibilità ambientale, sociale e governance aziendale che aumentano la sua allure agli occhi di chi valuta il futuro con criteri più “green”.
Insomma, se c’è un settore in cui la gestione pubblica sembra funzionare senza intoppi è proprio quello dell’energia. O quantomeno, così raccontano i numeri; che però sollevano inevitabilmente qualche dubbio: tra bollette in salita per i cittadini, critiche per i costi dell’energia e un sistema che dovrebbe garantire il pubblico senza scopi di lucro, ci si chiede chi davvero stia beneficiando di questa splendidità economica. Ma tranquilli, nulla di nuovo: il divario tra la realtà reale e quella dei numeri sembrerebbe essere la norma, non più l’eccezione.