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Lombardia vigile ma sembra che il bollettino di sangue non voglia diminuire

La Lombardia dice di preoccuparsi della sicurezza, ma tra morti e incidenti sembra più una zona di guerra che un modello da seguire.
Simonetta D’Amico, consigliera del Comune di Milano, ha puntualizzato con una sincerità da manuale durante il seminario “La cultura della sicurezza nei cantieri” che, nonostante la buona volontà che stampa e politica vogliono farci credere, i numeri degli infortuni sul lavoro in Lombardia non sono affatto rassicuranti.
“La sicurezza non si risolve con leggi nuove che si rincorrono e normative fumose. Certo, parlare di ‘cultura della sicurezza’ è un’idea brillante, forse la prima volta che si tenta di affrontare il problema oltre la burocrazia,” ha osservato D’Amico, come se fosse una scoperta rivoluzionaria. “Il vero nodo è sensibilizzare le nuove generazioni, in particolare gli studenti: chissà, forse gli ingegneri potrebbero diventare i paladini di questa crociata educativa. Evidentemente servono più eroi tecnici che regolatori.”
L’alleanza perfetta? Secondo D’Amico, servirebbe un mix di istituzioni, ATS, sindacati e il Comune di Milano, tutti pronti a fare la loro parte — cosa che, ahimè, sembra più un’utopia che una realtà consolidata.
Passando al punto dolente, il tasto più dolente di tutti: gli incidenti mortali sul lavoro. Nonostante la Lombardia sia un cantiere a cielo aperto, con infrastrutture ovunque, “il bilancio è ancora troppo pesante”. Parole dolci che suonano come un’accusa amara: “È inaccettabile che qualcuno esca di casa per andare a lavorare e non torni mai più, o finisca per vivere in condizioni da disabile a causa di un infortunio.” Come se ce lo dimenticassimo ogni giorno.
Ma qual è la vera sintesi amara di tutto questo teatrino? I controlli. Qui si tocca il tallone d’Achille in tutto il paese: gli ispettori del lavoro sono così pochi che sembra quasi una barzelletta. Mancano almeno 4 o 5 mila figure che dovrebbero vigilare e far rispettare le regole. Senza controlli, dite? Provate voi a fare cultura della sicurezza col nulla sotto i piedi.
In sostanza, tanta retorica e qualche convegno, ma quando si tratta di azioni concrete, la Lombardia sembra scivolare sistematicamente su una buccia di banana chiamata “sicurezza sul lavoro”. E i lavoratori continuano a pagare il prezzo più alto di questa narrazione infarcita di promesse e pochi fatti.