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Longevity+ spunta dal nulla, ma almeno Axa Italia paga il conto

Longevity+ spunta dal nulla, ma almeno Axa Italia paga il conto

3. Best practice e soluzioni replicabili: roba scalabile, cioè modelli che vadano bene per tutto e per tutti, perché tanto l’innovazione piace se è packaging pronta all’uso;

4. Networking di alto livello: insomma, attivare quel meccanismo multi-stakeholder fatto di tavoli istituzionali, incontri e forse qualche aperitivo;

5. Roadmap nazionale: la ciliegina sulla torta con proposte concrete di policy, incentivi e azioni mirate a far decollare un’economia tutta dedicata alla longevità, perché senza burocrazia e incentivi non si va da nessuna parte.

È una piattaforma aperta e inclusiva, lo ripetono come un mantra: dialogo fra pubblico e privato, per raccontare la “nuova Italia che invecchia” come se fosse davvero la nuova frontiera di opportunità da sfruttare. Peccato che il tempo stringa e le contraddizioni restino; a vedere l’inarrestabile aumento degli over 65 sarebbe il caso di fare di più e meglio, anziché perdere tempo con belle parole e forum multiprogettuali.

Axa Italia che si prendono la briga di affrontare la tanto temuta “sfida epocale” della longevità. Secondo i rappresentanti Letizia D’Abbondanza e Sandro Di Puma, questa non è solo una questione di vivere più a lungo, ma una gigantesca opportunità per rivoluzionare la nostra “architettura sociale”. Che sollievo: finalmente qualcuno che pensa a noi come a una serie di dati da proteggere e insicurare.

La visione promossa da Axa si regge saldamente su tre pilastri high-tech degni di un film di fantascienza: assistenza sanitaria digitalizzata, wearable super intelligenti e quell’immancabile magia chiamata insurtech. Secondo loro, queste meraviglie digitali garantiranno “una buona qualità della vita al maggior numero di persone possibile” e trasformeranno la vecchiaia in un nuovo Eldorado economico. Si tratta, ovviamente, di una “opzione concreta” per migliorare il benessere collettivo, purché non dimentichiamo di investire milioni in tecnologia e di tessere fitte reti collaborative tra tutti gli attori coinvolti.

Non manca la solita retorica sul “creare un ecosistema inclusivo, responsabile e sostenibile”, che suona quasi come una formula magica per far dimenticare che, dietro a queste parole, si nascondono fattori di rischio e complessità burocratiche già da capogiro.

Il Grande Piano Italiano per la Silver Economy

Il progetto, diretto dall’ambizioso Davide Skenderi, si propone di trasformare la penisola in un faro europeo della “silver economy” – ovvero il business della vecchiaia. Un obiettivo nobile, se non fosse che dietro questa definizione si cela un’industria che, più che prendersi cura delle persone, sembra puntare a monetizzarne l’inesorabile declino. In fondo, perché preoccuparsi di inclusione e salute pubblica quando si possono vendere nuovi prodotti assicurativi e piattaforme digitali su misura?

Tra i paroloni e le promesse, spunta anche l’intervento dell’On. Elena Bonetti, Presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sugli effetti della transizione demografica. Come una profetessa, ha ricordato che la longevità è un “tema strutturale” che richiede niente meno che “coraggio, coesione e concretezza”. Una definizione poetica che suggerisce a chiare lettere la necessità di un piano integrato tra salute, welfare, formazione e innovazione. Insomma, una grande abbuffata burocratica di cui nessuno ha chiesto veramente una dieta.

In fondo, è confortante sapere che alcuni si affannano a costruire castelli digitali e normativi sul terreno sempre meno solido delle nostre aspettative di vita. Resta solo da capire se davvero la vecchiaia possa diventare un “fattore di sviluppo per il nostro Paese” o se, come spesso accade, si tradurrà in un altro giro di giostra per chiunque abbia il portafoglio abbastanza grosso da parteciparvi.

Longevità in Italia tra opportunità e contraddizioni: la sfida del rilancio economico entra nel vivo

È ufficialmente partito il progetto Community Longevity+, una brillante idea firmata Teha Group (The European House – Ambrosetti) con il sostegno, nemmeno a dirlo, di Axa Italia come partner fondatore. Ovviamente non manca il coinvolgimento di istituzioni, aziende, esperti e stakeholder vari, perché si sa: più teste peggio è, ma qui si punta alla “co-progettazione”. L’obiettivo? Trasformare quella che tutti decantano come una “sfida demografica”, ovvero l’invecchiamento della popolazione italiana, in un’occasione d’oro per rilanciare il Sistema Paese. Come? Costruendo una nuova filiera industriale ed economica che sostenga un invecchiamento “attivo, sano e inclusivo”. Un mantra proverbiale, in un’Italia che invecchia a ritmo accelerato: oggi gli over 65 sono già un quarto del totale, e nel 2050 si prevede che supereranno il 36%. Una bomba sociale? No, una “grande opportunità strategica”.

I numeri, però, raccontano una storia un po’ meno idilliaca. Viviamo più a lungo, certo, ma davvero meglio? A 55 anni, più della metà degli italiani è già alle prese con almeno una patologia cronica. E, se si superano i 75 anni, questa percentuale si fa quasi schiacciante: l’89-90%. Mica male come “qualità della vita”. Dall’altra parte, il miracolo del dopoguerra ci ha regalato 18 anni in più di aspettativa di vita in media, cioè un anno in più ogni quattro anni. Straordinario, ma forse non abbastanza se la salute comincia a fare le bizze dopo i 50. Il vero problema, insomma, non è quanto si vive, ma come. E qui entra in gioco il lato economico della faccenda: chi sono i veri protagonisti della spesa? Gli over 50, la cui quota di consumi aumenterà di oltre cinque punti percentuali tra il 2020 e il 2050. Dati che, guarda caso, giustificano l’esistenza della Community Longevity+ come piattaforma di “confronto e co-progettazione” per inventare nuovi modelli di welfare, innovazione e servizi, ovviamente “su misura” per questa società in trasformazione.

Corrado Panzeri, Partner e Responsabile InnoTech Hub di Teha Group, ci tiene a ribadire con una punta d’entusiasmo quasi commovente: “Vogliamo rovesciare quella noiosa narrativa negativa sull’invecchiamento. L’Italia invecchia bene – dice – e dobbiamo farne un punto di forza per l’innovazione, lo sviluppo tecnologico e la competitività”. Perché l’ottimismo, si sa, non guasta mai, anche se a volte sembra un po’ disconnesso dalla realtà.

Durante il tanto atteso kick-off dell’iniziativa sono stati messi sul tavolo i cinque “cantieri strategici” che dovranno animare la Community nei prossimi mesi. Vediamoli in ordine sparso:

1. Scenario delle opportunità e delle necessità: un grande affresco di dati, trend e sfide demografiche, tecnologiche ed economiche (ovviamente tutto “data driven”);

2. Attrattività del sistema Paese: sì, il sogno di trasformare l’Italia nell’hub di riferimento per la longevità, perché di hub non ce ne sono mai abbastanza;

3. Best practice e soluzioni replicabili: roba scalabile, cioè modelli che vadano bene per tutto e per tutti, perché tanto l’innovazione piace se è packaging pronta all’uso;

4. Networking di alto livello: insomma, attivare quel meccanismo multi-stakeholder fatto di tavoli istituzionali, incontri e forse qualche aperitivo;

5. Roadmap nazionale: la ciliegina sulla torta con proposte concrete di policy, incentivi e azioni mirate a far decollare un’economia tutta dedicata alla longevità, perché senza burocrazia e incentivi non si va da nessuna parte.

È una piattaforma aperta e inclusiva, lo ripetono come un mantra: dialogo fra pubblico e privato, per raccontare la “nuova Italia che invecchia” come se fosse davvero la nuova frontiera di opportunità da sfruttare. Peccato che il tempo stringa e le contraddizioni restino; a vedere l’inarrestabile aumento degli over 65 sarebbe il caso di fare di più e meglio, anziché perdere tempo con belle parole e forum multiprogettuali.

Axa Italia che si prendono la briga di affrontare la tanto temuta “sfida epocale” della longevità. Secondo i rappresentanti Letizia D’Abbondanza e Sandro Di Puma, questa non è solo una questione di vivere più a lungo, ma una gigantesca opportunità per rivoluzionare la nostra “architettura sociale”. Che sollievo: finalmente qualcuno che pensa a noi come a una serie di dati da proteggere e insicurare.

La visione promossa da Axa si regge saldamente su tre pilastri high-tech degni di un film di fantascienza: assistenza sanitaria digitalizzata, wearable super intelligenti e quell’immancabile magia chiamata insurtech. Secondo loro, queste meraviglie digitali garantiranno “una buona qualità della vita al maggior numero di persone possibile” e trasformeranno la vecchiaia in un nuovo Eldorado economico. Si tratta, ovviamente, di una “opzione concreta” per migliorare il benessere collettivo, purché non dimentichiamo di investire milioni in tecnologia e di tessere fitte reti collaborative tra tutti gli attori coinvolti.

Non manca la solita retorica sul “creare un ecosistema inclusivo, responsabile e sostenibile”, che suona quasi come una formula magica per far dimenticare che, dietro a queste parole, si nascondono fattori di rischio e complessità burocratiche già da capogiro.

Il Grande Piano Italiano per la Silver Economy

Il progetto, diretto dall’ambizioso Davide Skenderi, si propone di trasformare la penisola in un faro europeo della “silver economy” – ovvero il business della vecchiaia. Un obiettivo nobile, se non fosse che dietro questa definizione si cela un’industria che, più che prendersi cura delle persone, sembra puntare a monetizzarne l’inesorabile declino. In fondo, perché preoccuparsi di inclusione e salute pubblica quando si possono vendere nuovi prodotti assicurativi e piattaforme digitali su misura?

Tra i paroloni e le promesse, spunta anche l’intervento dell’On. Elena Bonetti, Presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sugli effetti della transizione demografica. Come una profetessa, ha ricordato che la longevità è un “tema strutturale” che richiede niente meno che “coraggio, coesione e concretezza”. Una definizione poetica che suggerisce a chiare lettere la necessità di un piano integrato tra salute, welfare, formazione e innovazione. Insomma, una grande abbuffata burocratica di cui nessuno ha chiesto veramente una dieta.

In fondo, è confortante sapere che alcuni si affannano a costruire castelli digitali e normativi sul terreno sempre meno solido delle nostre aspettative di vita. Resta solo da capire se davvero la vecchiaia possa diventare un “fattore di sviluppo per il nostro Paese” o se, come spesso accade, si tradurrà in un altro giro di giostra per chiunque abbia il portafoglio abbastanza grosso da parteciparvi.

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