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Maggior chiarezza e stabilità per potenziare l’efficienza

Maggior chiarezza e stabilità per potenziare l’efficienza

L’efficienza energetica: un concetto brillante, o solo una brillante illusione? Ridurre le bollette, risparmiare sui costi della rete e migliorare la competitività delle imprese è un sogno che tutti condividono. Ma poi ci sono le politiche che promettono grandi cambiamenti e poi si perdono in un mare di burocrazia e incertezze.

Durante un evento di grande risonanza, Enerpolicy, tenutosi a Roma, la Fire ha messo in luce l’illustre obiettivo di aumentare l’efficienza energetica: una proposta miracolosa per qualcuno? I risultati di un’indagine realizzata tra gli stakeholder sono stati glamorosi, se non fosse che poi si scopre che le barriere economiche restano intatte, ostacolando l’implementazione di soluzioni pratiche. Sorpresa!

Le politiche proposte sembrano essere un mix di buone intenzioni e promesse infrante. La realtà svela che per le Pmi tutto rimane complicato, mentre il dibattito scivola verso la necessità di semplificazioni. Ma la domanda sorge spontanea: perché non si è ancora riusciti a trovare un equilibrio tra incentivi e misurazione delle prestazioni?

Dovremmo essere sbalorditi dalla proposta di Dario Di Santo, il quale sostiene che per ottenere risultati efficaci bisognerebbe potenziare le istituzioni, come il Mase. Sì, potenziarle – come se semplicemente dotarle di risorse adeguate possa affrontare le sfide gravose di un settore così complesso. E mentre parlano di “consultazioni in presenza”, mi chiedo chi abbia davvero il tempo per stare dietro a queste riunioni senza fine.

Quali sono le proposte? Certificati bianchi, detrazioni fiscali e agevolazioni fiscali. Gli stessi strumenti riutilizzati mille volte, come se bastassero a risolvere un problema che richiede soluzioni realmente innovative. In un panorama in cui l’innovazione è frenata da normative obsolete e inefficienze, è difficile non rimanere scettici.

Hanno persino cercato di traghettarci verso politiche di successo esemplificate da altri Paesi, come se il mero confronto ci potesse risollevare dalla palude burocratica in cui siamo affondati. Ma che dire del Progetto Ensmov Plus? Davvero può salvare la situazione? Rimane solo un’eco di speranza in un contesto che più che mai avanza a passo di lumaca.

La buona notizia è che le semplificazioni hanno iniziato a “produrre frutti”. Ma chi è davvero convinto? Gennaro Niglio ha parlato di un aumento nei certificati bianchi, ma è un segnale positivo o solo un’illusione ottica? L’ironia è palpabile quando si sottolinea che le potenzialità restano in gran parte inespresse e che i costi di attuazione sono ingenti.

Riguardo alle diagnosi energetiche, Ilaria Bertini ha rivelato che le probabilità di investire sono 1,5 volte superiori per chi ha fatto un audit. Ma chi ha tempo e risorse per un audit quando le spese quotidiane sono già una lotta?

Le parole di Claudio Palmieri sull’efficienza energetica come panacea per decarbonizzare le imprese gettano ulteriore luce sopra le contraddizioni. Ma di quante parole abbiamo bisogno per capire che le soluzioni pratiche di efficienza energetica devono essere accompagnate da azioni concrete? E quante volte le riforme hanno promesso ciò che non hanno mai realizzato?

In conclusione, ci troviamo di fronte a una brillante opportunità? O è solo un miraggio? Potremmo proporre soluzioni che vanno oltre le illusioni e che realmente affrontano il problema, ma sembra che tutti siano più concentrati a rincorrere l’utopia della sostenibilità piuttosto che mettere in atto misure efficaci. Quale sarà la prossima mossa? Continuare a parlare o finalmente agire?L’inefficienza del sistema italiano si mostra drammaticamente in pieno vigore. Nel bel mezzo del progetto Horowatt, che si avvale del bando Pnrr per l’agrivoltaico — una soluzione che sembra promettere mari e monti — si svela la vera sfida: il meccanismo dell’Energy Release 2.0. Qui, la brillante idea di Svenja Bartles (di Rödl&Partner) comporta la risoluzione di un groviglio di contratti tra le varie parti coinvolte nel mercato, il che lascia presagire più confusione che progresso.

A seguire, Gianni Perrone di 3Sun ha tracciato l’evoluzione delle misure della Unione Europea per avanzare la transizione energetica e industriale. Ah, la Gigafactory di 3Sun, il faro del fotovoltaico in Europa! Una brillante illustrazione di come le buone idee non sempre coincidano con risultati. È fondamentale notare, però, come Transizione 5.0 si presenti come una panacea, praticabile e ghiotta — eppure, chissà perché, il mondo continua a dipendere da fonti energetiche non rinnovabili.

Passando al tema dei manager energetici, Francesco Belcastro (di Fire) ha tentato di illuminare un percorso verso il 2025, una data che ormai sembra più una promessa non mantenuta che una scadenza reale. Le sue proposte per il rafforzamento dei manager energetici attraverso misure come l’abbassamento della soglia di nomina a 1.000 tep sono tanto audaci quanto irrealistiche. Per non parlare dell’idea che le regioni e comuni oltre i 20mila abitanti debbano obbligatoriamente nominare un energy manager a prescindere dai consumi. Certo, perché chi non consuma è solo un’illustrazione vuota, giusto?

E quando si parla di incentivi per l’efficienza energetica in linea con la legge 10/1991, il messaggio è chiaro: solo i soggetti già in regola dovrebbero ricevere sostegno. Un’ottima idea, in teoria, peccato che ciò andrà a perpetuare il circolo vizioso dell’inefficienza e della burocrazia.

Le tavole rotonde, da quel che si è visto, sembrano un banchetto di parole, con interventi da parte di nomi noti come Massimo Milani (in speciale rappresentanza di FdI), Gianni Girotto (M5S) e Enrico Bonacci (Mase). Ma la vera domanda è: cosa producono oltre a chiacchiere? I partecipanti alle «discussioni» con associazioni come Euase, Aicep e Assoege — una sfilata di addetti ai lavori che in teoria dovrebbero fare la differenza — risultano più un amplificatore di problemi che una soluzione.

Per concludere, riflettendo su queste assurdità e sulle aspettative disattese, ci si chiede: cosa sarebbe possibile se ci fosse vera volontà politica? Potremmo, ad esempio, adottare modelli di paesi che gestiscono le transizioni energetiche con più lungimiranza? Ma ahimè, forse sognare è l’unica cosa che ci resta, mentre il mondo continua a girare nel solito circolo vizioso di inefficienza e promessa infranta.

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