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Manager in preda al panico svelano i fantasmi che minacciano l’economia europea e italiana: è davvero così catastrofico o ci stanno solo sparando il solito allarme?

Nel cuore dell’Europa si consuma un dramma dal finale scontato: la minaccia dei dazi, la guerra commerciale e la deglobalizzazione stanno rimodellando il futuro economico e sociale del continente con un potenziale effetto boomerang. Più di mille manager italiani del settore terziario, presi dalla loro impresa quotidiana, hanno tracciato un quadro che più fosco non si può. Secondo Marco Ballarè, presidente di Manageritalia, questi muri invisibili di tariffe rappresentano nulla meno che il colpo di spugna sul libero commercio, la libera concorrenza e la tanto decantata crescita. “La storia è abbastanza chiara: gli accordi commerciali hanno sempre spinto lo sviluppo, mentre le barriere ci hanno trascinati in crisi e conflitti”, ci ricorda con quella puntualità che fa male. Perciò, la ricetta del nostro valoroso presidente è semplice: un’Europa più forte dentro e più affamata fuori, che sappia aprirsi senza paura a nuovi mercati. Peccato che per ora si faccia esattamente il contrario.

Il bollettino dei rischi parla chiaro e senza peli sulla lingua. Un impressionante 71,5% degli intervistati mette i dazi e la deglobalizzazione fra le minacce maggiori per i prossimi anni. Non molto indietro, a inseguire con fervore, arrivano guerre e tensioni geopolitiche (56,6%) e l’inarrestabile rincaro di energia e materie prime (46,4%). Un cocktail micidiale che rischia di far saltare la crescita, far sprofondare l’occupazione e affossare la competitività del continente. Come se non bastasse, il calo della domanda interna – roba che sembrava un capitolo archiviato – torna drammaticamente sulla scena (26,9%). Nel frattempo, le minacce si materializzano: nuovi dazi all’orizzonte, annunciati dall’amministrazione Trump come fossero un novello messia della discordia, previsti in arrivo per inizio agosto.

Il quadro tra i manager è diviso come un’Italia al ballottaggio: il 38% giura che dazi contenuti, fino al 10%, possono essere digeriti senza troppi danni, mentre il 40% li vede come una bomba pronta a esplodere se superano il 20-30%. La chicca? Un inquietante 22% non ha la minima idea di cosa aspettarsi da questo marasma, sintomo di un’incertezza che potrebbe far impallidire anche il meteo italiano. Mentre i dazi diventano sempre più probabili, le previsioni si tingono di nero pece: il 75,5% annusa un calo del PIL, il 59,8% teme un massacro sul fronte occupazionale, e più di un terzo vede il proprio settore trascinato nella mischia senza speranza. Cresce dunque la chiamata alle armi: un intervento deciso e magari eroico dello Stato per salvare i comparti più esposti, perché se no non ci salviamo più.

Il pessimismo si fa contagioso anche guardando al calendario: la seconda metà del 2025 promette di essere tutt’altro che una passeggiata. Il 65,1% vede nero per l’economia mondiale, il 58,9% condivide la stessa cupezza riguardo all’Italia, mentre il 45,2% e il 44,8% rispettivamente hanno una bassa fiducia nell’efficacia del governo e nella tenuta dell’occupazione. Non si salva neanche il morale personale: le prospettive aziendali e professionali sono avvolte in una nebbia che trasforma ogni speranza in una triste dose di realismo. Insomma, se il futuro fosse un cocktail, verrebbe servito dritto e amaro.

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