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Maserati, il ricatto della Serbia: lavoratori abbandonati e offerte oscene via Whatsapp

La dignità del lavoro non possa essere calpestata ulteriormente, arriva l’ennesima umiliazione: un messaggio Whatsapp che vale più di qualsiasi discorso sindacale o promesse aziendali. “Vuoi lavorare? Vai in Serbia.” Questo è il capolavoro di Stellantis, che invece di garantire stabilità ai suoi dipendenti, li spinge ad accettare una trasferta mascherata da opportunità, con l’unico obiettivo di ridurre costi e responsabilità.
Una vita di fabbrica ridotta a un sms
Luigi Cozzolino, per gli amici “Gino”, lavora alla Maserati di Modena da 35 anni. O meglio, ci lavora quando gli è concesso. Nel 2024 ha totalizzato appena 70 giorni di lavoro e perso 7.000 euro di stipendio a causa della cassa integrazione. Nel 2025? Peggio ancora: non ha timbrato nemmeno un cartellino. Un’intera carriera dedicata alla fabbrica, ripagata con precariato e incertezza.
Poi, l’”offerta”. Sei mesi in Serbia, rientri ogni 45 giorni, 1.000 euro in più sullo stipendio e 25 euro di indennità giornaliera. Ma nessun confronto con i rappresentanti sindacali, nessuna comunicazione formale. Solo un messaggio su Whatsapp, come se fosse un’offerta last minute per una vacanza.
Il ricatto della trasferta
Non è la prima volta che Stellantis gioca questa carta. Nel 2023 offrivano tre mesi a Mirafiori, e chi ha accettato si trova ancora lì, bloccato in un limbo. Il trucco è sempre lo stesso: “la trasferta è volontaria”, ma se rifiuti torni in cassa integrazione, con la prospettiva di uno stipendio sempre più sottile. E il bello è che nessuno dice chiaro e tondo cosa succede dopo: rientri davvero o diventi un esubero?
E poi c’è il tema umano: chi, a 57 anni, può permettersi di lasciare la famiglia, i figli, magari i nipoti, per un’azienda che oggi ti vuole in Serbia e domani potrebbe licenziarti con una mail? “Sono padre, marito e nonno. Non ci penso nemmeno”, dice Cozzolino. E come dargli torto?
Il futuro della Maserati? Mistero e precarietà
Mentre la casa automobilistica parla di innovazione e lusso, i suoi dipendenti vivono nell’incertezza assoluta. Da Modena a Mirafiori, la parola d’ordine è cassa integrazione. Le nuove produzioni? Trasferite altrove, lasciando operai e tecnici a brancolare nel buio. La Mc20, l’unica vettura ancora in produzione a Modena, è ferma da mesi, salvo rare eccezioni.
Il vero problema non è solo la Serbia. Il vero problema è un modello industriale che gioca con la vita delle persone, facendo dei lavoratori numeri da spostare a piacimento. Il tutto senza alcuna garanzia, senza un piano a lungo termine e con una comunicazione che rasenta la presa in giro.
Soluzioni? Solo se si inizia a rispettare i lavoratori
- Chiarezza sul futuro dello stabilimento di Modena: i dipendenti devono sapere se e quando torneranno a lavorare con continuità.
- Stop al ricatto della trasferta: se serve personale all’estero, lo si discute con i lavoratori, non con un messaggio anonimo su Whatsapp.
- Investimenti veri, non annunci: Stellantis parla di piani grandiosi, ma intanto gli operai non lavorano e le fabbriche chiudono.
Chi produce lusso dovrebbe almeno garantire un minimo di dignità a chi quel lusso lo costruisce. Ma a quanto pare, la Maserati preferisce i messaggi su Whatsapp.