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Metà dei lavoratori chiamati a pagare pensioni e sanità: colpa, indovinate un po’, del datore di lavoro

Nel Belpaese, raggiungere l’agognato traguardo della pensione sembra ormai un’impresa degna di una fortuna sfacciata, almeno se si ascoltano le ultime rivelazioni di un report che scava senza pietà nelle speranze degli italiani.
Secondo uno studio sul welfare e le aspettative per il 2030, sempre più persone si ritrovano a fare i conti con una realtà più dura di quanto osassero immaginare: oltre il 60% nutre il dubbio amletico che la pensione futura sarà così misera da dover rincorrere altre fonti di reddito; per il 17% non ci sarà nemmeno il lusso di smettere di lavorare davvero. E ciliegina amara sulla torta, quasi un italiano under 35 su sei è convinto che la pensione semplicemente non arriverà mai. Buon per loro, evidentemente.
Nel frattempo, la sanità pubblica, il servizio cardinalmente atteso da tutti, si conferma più il braccio armato della delusione che un baluardo di assistenza: solo un quarto degli italiani si sente davvero garantito da questo sistema, che tutti sognano ma nessuno vede funzionare come dovrebbe.
Se provassimo a mettere un voto ai servizi statali, quasi la metà degli italiani non risparmierebbe critiche dure come pietre: l’aspettativa di un sistema sanitario rapido ed efficiente tocca il 69%, ma la realtà è tristemente differente. Le pensioni adeguate? Solo il 47% ci spera davvero, mentre il sogno di un welfare di prossimità è una chimera per il 64% della popolazione. Insomma, in molti sentono che lo Stato italiano è troppo impegnato a deludere per poter realmente aiutare.
Ed è qui che entra in scena il privato, il tanto bistrattato ma inevitabile protagonista destinato a raccogliere le briciole lasciate da un sistema pubblico malato. Un italiano su quattro, più o meno, può vantare una copertura sanitaria integrativa offerta dal datore di lavoro e quasi altrettanti possono contare su una pensione integrativa, segni evidenti di quanto il welfare aziendale stia prendendo piede come ultima spiaggia per molti.
Non sorprende quindi che chi beneficia di questi benefit sia molto più felice: quasi la metà dei lavoratori dipendenti con un pacchetto welfare aziendale si dichiara soddisfatta, e l’82% vede in questi extra uno strumento decisivo nella scelta di un nuovo impiego. Evidentemente, il “welfare privato” è diventato più seducente di una promessa statale ormai screditata.
Il futuro non sembra offrire grandi speranze di miglioramento: solo il 9% degli italiani crede fermamente che lo Stato riuscirà a garantire tutti i servizi essenziali nei prossimi dieci anni. Il resto della popolazione, con una sana dose di realismo o forse semplice cinismo, pensa che saranno garantiti solo parzialmente (55%) e che, per il resto, si dovrà fare affidamento al privato, alle aziende con i loro pacchetti welfare (30%) o alle risorse personali (25%).
Insomma, la fotografia attuale e quella prospettata per il futuro non solo si somigliano, ma sembrano copiare pedissequamente lo stesso copione: lo Stato non basta, la sanità pubblica non convince, le pensioni restano un miraggio e il welfare aziendale si rivela l’asse portante per una sopravvivenza dignitosa. Nel frattempo, agli italiani non resta che accontentarsi, o reinventarsi l’invisibile parafulmine di un sistema in affanno.
Con l’invecchiamento della popolazione e la copertura del nostro amato sistema sanitario nazionale che svanisce come un miraggio nel deserto, le imprese si trovano improvvisamente deputate a svolgere quell’eroico ruolo sociale che uno Stato troppo impegnato a sfilare in parate burocratiche non riesce più a mantenere. Quindi, cari imprenditori, siete pregati di sostituirvi allo Stato nelle sue incombenze, colmando coraggiosamente le lacune del welfare pubblico. Il premio? Offrire ai vostri impiegati qualche briciola di supporto concreto in materie care come salute e previdenza, giusto per non farli sentire troppo abbandonati a sé stessi.
In questo pirotecnico scenario, il welfare aziendale emerge – reggetevi forte – come la soluzione salvifica per quei poveri dipendenti a cui lo Stato ha dimenticato di tendere una mano, e come la leva strategica per le aziende per attirare e tenere stretti quei talenti tanto ricercati, offrendo loro un contentino su misura per le necessità emergenti del lavoratore medio. Un bellissimo circolo virtuoso, non c’è che dire.
Pierre Cordier, amministratore delegato e direttore generale di Groupama Assicurazioni, ci illumina con la sua saggezza assicurativa: il loro impegno è accompagnare questa rivoluzione sociale, facilitando la transizione verso un sistema integrato che, con un po’ di fortuna, risponderà efficacemente alle rinnovate esigenze di tutela e benessere dei cittadini italiani. Parole di conforto che ci rassicurano sul fatto che qualcuno, finalmente, abbia capito che qualcosa va cambiato.
Luciano Canova, economista che non perde mai l’occasione per dare lezioni di ottimismo, ci propone una visione rosa del “welfare del futuro”.
“Le preoccupazioni sono reali, ma anche la mappa di ciò che possiamo migliorare. Immaginiamo Stato, imprese e cittadini non come solisti su tapis roulant distinti, ma come compagni di squadra che si passano il testimone lungo un percorso comune. Ognuno ha il suo ruolo: il settore pubblico disegna il quadro di base, le aziende innovano e supportano, la gente partecipa attivamente alle scelte di benessere. Insieme, trasformiamo la paura di ‘non farcela’ in energia creativa. È un’economia dell’ottimismo, in cui investire nel capitale sociale, nelle relazioni di fiducia, nella solidarietà e nella salute condivisa produce dividendi preziosi: lavoratori più sereni, comunità più felici e crescita più sostenibile.”
Una favola zuccherata, come non amarla? Nel mentre, i dati dell’Osservatorio Groupama-Doxa ci mostrano il quadro reale, quindi decisamente meno allegro: la fiducia degli italiani nel welfare statale è praticamente sotto zero.
Secondo la volgare massa degli italiani, lo Stato dovrebbe garantire cose semplici e nobili come una sanità accessibile, efficiente e veloce (69%), pensioni che permettano di continuare a vivere dignitosamente (47%), servizi di prossimità nel welfare (36%), un’istruzione di qualità (34%) e, perché no, una burocrazia meno impenetrabile (28%). Servizi ieratici, a malapena sognati nell’appannato orizzonte del cittadino medio.
Le cifre, crude e spietate, raccontano un’inquietante verità: due terzi degli italiani (67%) giudicano il servizio sanitario pubblico inadeguato, mentre meno di 1 lavoratore su 10 (8%) ritiene che la pensione attuale sia sufficiente a mantenere almeno la mediocrità di un tenore di vita decente. Virtuosismo statistico, poi, il 44% degli italiani sostengono che nessuno di questi servizi essenziali è davvero garantito dallo Stato. Un abisso di sfiducia degno di nota.
Le ragioni di tale sfiducia? Ah, ce ne sono parecchie e sono di gran voglia di raccontare storie amara: il sistema pensionistico, per esempio, è colpevole di non garantire una copertura sufficientemente dignitosa (55%), viene poi la crisi demografica – tipica di un Paese che invecchia più velocemente di una mela lasciata al sole – con bassa natalità a premio (45%) e dulcis in fundo, l’inflazione galoppante e le tensioni internazionali che fanno precipitare il potere d’acquisto come un castello di carte al vento (34%).
Un cocktail esplosivo così attraente da far desiderare al 18% dei lavoratori un’abbandono dell’Italia per trasferirsi all’estero, dove almeno – si spera – le agevolazioni pensionistiche doneranno un po’ più di serenità e un tenore di vita accettabile. Sogni da pensionato? Beh, occupare il proprio tempo con la famiglia e i cari (28%), girare il mondo con spirito da turista (23%), vivere in campagna nella pace dei sensi (15%) e dedicarsi totalmente agli hobby preferiti (14%).
Il welfare aziendale: più si integra, più cresce
I veri artefici del futuro del welfare, curiosamente, sono proprio i lavoratori stessi, che non si limitano a lamentarsi ma offrono un’immagine nitida dei loro desideri. Secondo i dipendenti delle piccole e medie imprese intervistati (quelli a cui tocca tirare la carretta quotidianamente), si prospetta una progressiva integrazione tra welfare statale e aziendale (38%), con quest’ultimo destinato a prendere sempre più piede e importanza (30%).
E qui arriva la bomba: per il 20% degli intervistati il destino sembra segnato verso un futuro “azienda-centrico”, dove lo Stato potrà anche surclassare il ruolo dello Stato… ehm, quello di lato, lasciando quasi tutto il lavoro sociale nelle mani delle aziende. Immaginate la scena: imprese eroe del welfare, cittadini spettatori spettinati, e il pubblico saldo nel suo ruolo di mero finanziatore. Ah, la rivoluzione sociale made in Italy!
Più dell’82% dei lavoratori dipendenti sembra gradire moltissimo questo nuovo modello, infatti reputano fondamentale un pacchetto welfare ben fornito per scegliere se cambiare lavoro. Niente sorprese sui desideri: al primo posto spiccano assicurazioni sanitarie integrative per sé e famiglia (57%), subito seguite da piani pensionistici complementari (56%). Poco meno gettonati, ma comunque apprezzati, i servizi di supporto familiare (33%) e le convenzioni che assicurano benessere psicofisico (25%). Ovviamente, il barattolo di miele non finisce qui: un 31% degli intervistati vorrebbe che il pacchetto welfare aziendale del futuro fosse “à la carte”, così ognuno può scegliere il benefit perfetto per se stesso. Una svolta personalizzata, perché, come tutti sappiamo, i bisogni universali sono un noioso residuo del passato.
Ma non è finita: il mondo assicurativo continua a far sognare, soprattutto per i lavoratori delle piccole e medie imprese, quelle considerate la spina dorsale della nazione (almeno a parole). La polizza integrativa per salute e previdenza, inclusa tra i benefit aziendali, è “molto apprezzata” dal 48% degli italiani, mentre un altro 41% la giudica “abbastanza utile” per dormire sonni più tranquilli. Solo un 21% l’ha attivata tramite l’azienda, un 10% la possiede privatamente, e un altro 10% si è convinto a prenderle entrambe – perché una mai basta. Per quanto riguarda la previdenza complementare, il 18% ha sottoscritto una forma privata, il 10% tramite impresa e un altro 10% bifrontale.
Numeri che però ci mettono davanti a una bella realtà italiana a due velocità: il 46% dei lavoratori con pacchetti welfare si dichiara soddisfatto, mentre il 24% – cioè quasi un quarto – ancora non vede un euro di welfare aziendale. Ah, la dolcezza dell’esclusione!
Ora, ascoltiamo la brillante sintesi di Pierre Cordier, AD di Groupama Assicurazioni, l’eroe che vuole salvare l’Italia delle PMI con i suoi prodotti assicurativi su misura. Lui sostiene:
“I dati del nostro Osservatorio mostrano con chiarezza quanto sia determinante l’impegno delle aziende italiane per il supporto ai bisogni delle persone. Oggi l’Istat ci dice che in Italia le PMI sono circa 4,9 milioni e costituiscono oltre il 96% delle imprese italiane. È soprattutto a questo bacino che ci rivolgiamo: circa 21 milioni di lavoratori impiegati in micro, piccole e medie imprese che, ad oggi, non beneficiano ancora di misure di welfare adeguate.”
“Crediamo fermamente che sia qui che si gioca una partita cruciale per il futuro del benessere dei lavoratori e delle loro famiglie. Per questo l’approccio di Groupama Assicurazioni è di lavorare insieme al cliente azienda per identificare le soluzioni assicurative e di welfare più idonee per i propri dipendenti. Lo facciamo, tra l’altro, attraverso il prodotto Groupama Benessere Impresa per la gestione dei piani sanitari e con la soluzione Programma Open per la previdenza complementare.”
“Si tratta di una situazione win-win: il nostro Osservatorio sulle PMI rivela che le aziende con un welfare competitivo non solo fidelizzano e tutelano dipendenti e famiglie, ma attraggono anche nuovi talenti. Non a caso, l’82% dei lavoratori indica un welfare più vantaggioso come fattore decisivo per un cambio di lavoro, talvolta anche rispetto a un guadagno maggiore.”
In sintesi, l’azienda è pronta a fare la sua magia: meno lo Stato, più le imprese dispenseranno “benessere”, magari a pagamento, ma con personalizzazione e scelta come regali di benvenuto. Un paradiso di mercato libero dove tu scegli il tuo pacchetto, l’azienda sfiora l’illusione di prendersi cura di te e tu, povero lavoratore, ti fidi che una polizza integrativa sia il tuo futuro roseo. Ah, che meraviglia il XXI secolo!